giovedì 26 novembre 2015
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Per gli analisti del Fondo monetario internazionale quello attualmente in corso passerà alla storia come il secolo dell’Africa. Una previsione che trova conferme nella crescita avuta dal Continente Nero negli ultimi anni e, soprattutto, nelle prospettive incoraggianti di sviluppo che si intravedono nel prossimo futuro. In effetti – nonostante i danni causati dall’epidemia di ebola, l’aumento del livello d’allerta per le minacce islamiche e la caduta del prezzo del petrolio – nel 2014 complessivamente l’Africa ha vissuto in uno stato di salute più che positivo. E secondo i calcoli delle principali istituzioni finanziarie, quest’area del mondo (più vasta di Cina, Usa e India messe insieme) fa e farà meglio di quasi tutte le altre, rafforzando la sua immagine di terra delle opportunità. Il Pil, dopo il +3,5% del 2013 e il +3,9 dell’anno successivo, dovrebbe continuare a lievitare fino a raggiungere il +5% nel 2016. Finora la crescita ha beneficiato dei prezzi delle materie prime e della salita della domanda interna, sostenuta dalla ripresa dei consumi e degli investimenti stanziati per la costruzione di infrastrutture. Ma il vero asso nella manica per l’Africa, da qui in avanti, sarà quello relativo all’entità numerica della popolazione. Mentre alcune grandi potenze già da anni sono avviate a un graduale declino demografico, l’Africa registra un vero e proprio boom. Nel 2010 nel Continente Nero vivevano circa un miliardo di persone. Le proiezioni delle Nazioni Unite di medio termine prevedono che la popolazione aumenterà rispetto all’attuale miliardo fino a raggiungere 1,6 miliardi nel 2030. Tanti, ma anche giovani: visto che oggi il 43% degli africani ha meno di 14 anni. Questo elemento porterà inevitabilmente a una crescita della forza lavoro che andrà saputa inserire in modo tale da favorire lo sviluppo del continente. La vera sfida, dunque, sarà quella di creare un’occupazione e una manodopera sempre più produttive e funzionali ai bisogni dei vari territori. Il numero stimato di giovani che entreranno sul mercato del lavoro quest’anno è di 19 milioni nell’Africa sub-sahariana e di 4 milioni nel Nordafrica. Altro dato positivo è l’aumento della produzione agricola in molte regioni, grazie a condizioni climatiche generalmente favorevoli. Certo, non sono tutte rose e fiori. Non sempre un Pil che galoppa è sintomo di benessere. L’Africa, infatti, resta oggi un continente in cui una fetta importante della popolazione vive sotto la soglia di povertà, ovvero con meno di 1,25 dollari al giorno. Anche se va detto che tale percentuale era vicina al 60% alla fine del secolo scorso, mentre oggi è scesa di 15 punti. Alle grandi opportunità si aggiungono però enormi rischi. Il rallentamento della Cina e di altri Paesi emergenti rappresenta un serio pericolo, perché se è vero che l’Europa rimane il primo partner commerciale dell’Africa, il legame con l’Asia è progressivamente cresciuto (ben del 22% solo tra il 2012 e il 2013). Un’altra minaccia da non sottovalutare è il preoccupante ritorno dell’instabilità politica in molte zone. Dopo una fase positiva in cui molti conflitti sono stati risolti (dall’Angola alla Sierra Leone), inoltre, negli ultimi anni la violenza è di nuovo in ascesa. Basti pensare al terrorismo di Boko Haram in Nigeria e di al-Shabaab in Somalia e in Kenya, tanto per fare qualche esempio. Creare un clima pacifico; ridurre le disuguaglianze; limitare al minimo gli impatti negativi della frenata del Dragone; industrializzare un continente ancora prettamente agricolo. L’accelerazione della corsa africana dipenderà essenzialmente da questi quattro fattori.
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