giovedì 22 novembre 2012
​Oltre due miliardi per rilanciare la contrattazione di secondo livello, plauso di Cisl e Uil. Ora servirà un decreto ministeriale per stabilire i criteri utili per accedere agli sgravi, che interesseranno i lavoratori dipendenti con redditi fino a 40mila euro lordi all’anno.
Aziende e lavoratori fuori dalla crisi scommettendo su di sé di Francesco Riccardi
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​Il governo mette il suo sigillo sull’intesa tra le parti sociali sulla produttività. Un accordo separato, cioè senza l’adesione della Cgil. Il vertice a Palazzo Chigi, ieri sera, è terminato come le premesse facevano prevedere. Con la firma di tutti salvo quella di Susanna Camusso, che ha confermato le sue critiche parlando di «strada sbagliata». Mentre il presidente del Consiglio Mario Monti al contrario ha elogiato il documento presentato dalle parti, definendolo «un passo importante per il rilancio dell’economia, la tutela dei diritti dei lavoratori e il benessere sociale», e ha auspicato «vivamente» che l’intesa possa essere sottoscrittta anche dalla Cgil «quando lo riterrà opportuno». Il capo del governo ha sottolineato che «ci sono le condizioni per confermare le risorse per la detassazione del salario di produttività». L’esecutivo aveva stanziato infatti nel ddl stabilità i fondi per gli sgravi fiscali (1,6 miliardi di euro, poi aumentati nel passaggio in Commissione a 2,15 per i prossimi tre anni) subordinando però la loro erogazione effettiva a un accordo tra le parti sociali. Servirà un decreto ministeriale nelle prossime settimane per stabilire i criteri per accedere agli sgravi. Il testo chiede al governo di rendere strutturale la detassazione al 10% dei contratti di produttività per i redditi dei lavoratori dipendenti fino a a 40mila euro lordi.La detassazione dei salari di secondo livello, secondo il presidente del Consiglio, «è un buon impiego del denaro pubblico» dopo che «abbiamo chiesto alle parti di dare un loro contributo alla crescita». Non ci sono le risorse, invece, per detassare le tredicesime come richiesto dalla Cgil. Ad aderire all’intesa sono stati Confindustria, Rete imprese Italia, Alleanza delle cooperative, Abi e Ania per il fronte delle imprese, e Cisl, Uil, Ugl per i sindacati. In sintesi il protocollo d’intesa sposta il baricentro della contrattazione dal livello centrale a quello aziendale o territoriale. Il contratto nazionale continuerà a disciplinare le normative di base e gli aumenti salariali. Questi, che dovranno essere «coerenti con le tendenze generali dell’economia», riguarderanno però entrambi i livelli di contrattazione perché una quota potrà andare ad alimentare la quota di salario legata agli accordi di produttività. Al secondo livello viene demandata la disciplina degli orari dell’organizzazione produttiva.Il ministro Corrado Passera (Sviluppo economico) coordinatore della trattativa, ha parlato di un risultato da «apprezzare fortemente» che potrà permettere di «aumentare i salari e l’occupazione». L’accordo, riferendosi alla Cgil, «non esclude nessuno dalle trattative contrattuali». Duro il giudizio di Camusso per la Cgil: «Si è persa un’occasione per fare una scelta politica attenta alle questioni sociali. Si determina una riduzione dei salari reali». E l’intesa «è coerente con la politica del Governo che scarica sui lavoratori i costi per uscire dalla crisi»,. Così «si alimenta la recessione» colpendo «la parte più debole del paese». Secondo Raffaele Bonanni, segretario Cisl, «è fondamentale avere siglato l’accordo ora, in piena crisi, servirà per uscire dalle secche». Per il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, l’intesa può essere un «elemento nuovo nelle relazioni industriali e l’inizio di una nuova fase di sviluppo e occupazione».
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