lunedì 1 settembre 2014
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Dopo due decenni si può affermare che un’altra economia, più equa, solidale e dal volto umano, non è più solo possibile ma è una realtà, per giunta in crescita. A dimostrarlo c’è la storia dei Gas, i gruppi di acquisto solidale, che nel 2014 hanno appunto compiuto i loro primi vent’anni di vita in Italia, da quando nel 1994 il primo Gas si costituì a Fidenza (Parma). Una ricorrenza celebrata a fine giugno a Collecchio, sempre in provincia di Parma, dove i "gasisti" di tutt’Italia si sono dati appuntamento per l’incontro che organizzano ogni anno dal ’98 per fare il punto sulle loro esperienze e fissare obiettivi guardando al futuro. Ed è proprio questo, quale futuro e come costruirlo, ciò su cui il movimento dei Gas italiani sta riflettendo, ora che i numeri cominciano a essere importanti, con circa mille realtà censite e 200mila persone coinvolte. La domanda è come riuscire a compiere il balzo necessario a far sì che i Gas e più in generale il mondo dell’economia solidale possano raggiungere platee ancora più ampie e incidere in modo ancora più profondo, ovviamente per modificarli, sui meccanismi di un sistema economico-produttivo che in questi anni di crisi ha mostrato tutti i suoi limiti. Regolamentati nella legge Finanziaria 2008, che ne riconosceva le «finalità etiche», i Gas sono insiemi di persone, solitamente alcune decine o al massimo poche centinaia di famiglie, che decidono di accordarsi per acquistare all’ingrosso prodotti, alimentari (con preferenza per prodotti di stagione, biologici, a chilometro zero) ma non solo, da distribuire poi fra gli aderenti al gruppo. Andando dunque direttamente alla fonte, cioè dai produttori, preferibilmente piccoli e locali, così da saltare i canali della distribuzione. Anche per spuntare prezzi più accessibili e verificare direttamente la provenienza e la qualità dei prodotti. Ma, soprattutto, per creare relazioni commerciali che sono prima di tutto relazioni umane, basate sulla conoscenza e la fiducia più che sul prezzo e le condizioni di vendita, e pervase dalla solidarietà: tra gli acquirenti, verso chi produce e lavora, nei confronti dell’ambiente.Se è vero, però, che «piccolo, locale e solidale» sono gli aggettivi che da sempre qualificano il modo di operare dei Gas, oggi occorre andare oltre se si vuole cogliere la sfida della crescita. Non in termini evidentemente di Pil ma di capacità di raccontare e diffondere stili di vita e un modello di sviluppo diversi. Ciò può significare sostanzialmente due cose. La prima è mostrare che il modello Gas funziona anche in settori altri da quello tipico dell’alimentare. Gli stessi gruppi di lavoro organizzati nella tre giorni di Collecchio, ad esempio, si sono confrontati su tematiche quali l’abitare solidale, l’impresa diffusa, la distribuzione solidale. E in vari di questi nuovi ambiti, dall’energia al tessile, dalla telefonia ai trasporti in condivisione, ai Gat (gruppi di acquisto terreni), si contano già iniziative importanti.L’altra questione è riuscire a far parlare i Gas o meglio ancora tutta l’economia solidale con una voce sola, attraverso un soggetto o quanto meno un percorso che pur conservando la ricchezza della pluralità possa rappresentare e valorizzare le esperienze del movimento, anche nel confronto con le istituzioni e gli altri attori socio-economici. In questo senso a Collecchio sono stati mossi passi importanti: si è infatti decisa la formazione di un gruppo che, in rappresentanza degli attori di economia solidale dei vari territori, avrà il compito di definire priorità e obiettivi comuni.
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