Il cardinale Donald W. Wuerl ha esaminato i suggerimenti dalle Conferenze episcopali di tutto il mondo, e ha sintetizzato nel testo del discorso che terrà domani le preoccupazioni che i padri sinodali hanno portato con sé a Roma. La «Relazione prima della discussione» ( Relatio ante disceptationem) sarà uno dei momenti chiave del Sinodo sulla nuova evangelizzazione che viene inaugurato oggi da Benedetto XVI. Al testo, l’arcivescovo di Washington, relatore generale dell’assise, ha lavorato a lungo fino alla partenza per la Città del Vaticano quando, poco prima del decollo, Avvenire lo ha raggiunto.
Eminenza, il Papa ha scelto lei, un arcivescovo americano, come relatore generale: cosa legge in questa decisione? Non sono sicuro che la scelta sia basata sulla nazionalità. Spero di portare al Sinodo la mia esperienza nella catechesi, in cui sono stato impegnato negli Stati Uniti per molto tempo. È di certo un’opportunità straordinaria di utilizzare la mia esperienza in una società secolarizzata ma che offre anche forti segnali di speranza, come i progressi fatti nel consolidamento dell’istruzione cattolica, soprattutto a livello delle scuole primarie e superiori.
Cosa si deve intendere oggi per "nuova evangelizzazione"? Si tratta di reintrodurre al credo molti cattolici che hanno perso il fervore della fede. Non si tratta dunque di evangelizzare per la prima volta. Il significato della parola 'nuova' non va letto nel senso che la Chiesa offre un messaggio diverso da quello offerto in passato. Il Vangelo è lo stesso. Nuovo è lo sforzo di proclamarlo a persone che si sono allontanate dalla sua pratica, per le quali il Vangelo ha perso significato. La sfida è dire a una generazione immersa nella mentalità secolarizzata che esiste un modo migliore di vivere.
Strettamente legato al Sinodo, il Papa ha indetto l’Anno della fede come occasione per tutti i credenti per ritrovare le ragioni del credere. La riscoperta della fede personale viene prima della nuova evangelizzazione? Abbiamo di fronte gruppi diversi di persone, alle quali dobbiamo presentare il messaggio in modo consono. Il gruppo che ci impegna maggiormente sono le generazioni di cattolici che non sono stati formati adeguatamente nella loro fede negli anni Settanta e Ottanta. L’ondata di secolarizzazione che negli anni Sessanta ha investito il mondo occidentale, ha travolto concetti fondamentali come la famiglia, il matrimonio, il bene e il male, il bene comune, l’ordine. E ha portato a un decadimento degli standard dell’istruzione religiosa. Sembrava che si catechizzasse senza contenuto. In qualche modo dovevamo comunicare l’idea che Dio ci ama senza trasmettere il credo. I giovani invece sono molto aperti e disposti a sentire quello che la Chiesa ha da dire.
Il Sinodo giunge a 50 anni dal Concilio: cosa suggerisce il messaggio del Vaticano II ai padri sinodali? C’è un continuum di fede che parte con gli apostoli. Qui troviamo l’articolazione della nostra fede. Il Concilio fu fedele alla dottrina della Chiesa, ma l’implementazione dei suoi insegnamenti venne fuorviata dalla corrente di secolarismo nel mondo occidentale. Oggi ci poniamo la stessa domanda dei padri conciliari: come presentare in modo fedele gli insegnamenti cattolici in un modo che sia attraente all’interno di una cultura che cambia molto rapidamente.