Teresio Olivelli
A102 anni dalla nascita, nella diocesi di Vigevano che lo vide crescere e temprarsi come cristiano, Teresio Olivelli salirà ufficialmente all’onore degli altari. La Messa di beatificazione, come reso noto ieri, si terrà infatti nella città pavese il prossimo 3 febbraio. Lo scorso 17 giugno era stato promulgato il decreto della Congregazione per le cause dei santi che riconosceva la sua morte come martirio: fu ucciso il 17 gennaio 1945 mentre cercava di proteggere da un pestaggio un compagno di baracca ucraino, nel lager di Hersbruck, vicino a Norimberga. Era stato deportato nel campo di concentramento dopo l’arresto a Milano, nell’aprile del 1944, per la sua militanza nella Resistenza cattolica, nelle Fiamme Verdi.
La vicenda di Olivelli, che la causa di beatificazione ha contribuito a far conoscere più diffusamente, è paradigmatica di quelle che furono le aspirazioni e i sogni di una generazione travolta dalla tragedia della guerra. E la sua figura, che per diversi tratti ricorda quella del beato Pier Giorgio Frassati, si colloca tra le più luminose della gioventù cattolica italiana della prima metà del ’900. Olivelli nasce a Bellagio (Como) il 7 gennaio 1916, ma la sua famiglia si trasferisce presto nei luoghi di origine, in Lomellina, prima a Zeme poi a Mortara. Profonda è l’influenza su di lui di uno zio sacerdote, monsi- gnor Rocco Invernizzi.
Nel 1938 si laurea in giurisprudenza a Pavia, dove a soli 27 anni è rettore del Collegio universitario Ghisleri. Diviene assistente di diritto amministrativo all’Università di Torino e nel 1939 vince a Trieste la prestigiosa competizione dei Littoriali. Tutto lascia intravedere una brillante carriera accademica o professionale di un giovane che è anche fortemente impegnato nell’Azione cattolica, nella Fuci e nella società San Vincenzo de Paoli, visitando e accudendo i malati tubercolotici terminali. Nel 1942 parte volontario per la campagna di Russia come sottotenente della Divisione Tridentina. Sopravvissuto alla disfatta, al ritorno, dopo l’armistizio del 1943, aderisce alla Fiamme Verdi.
Nel marzo 1944 è fra i promotori del giornale clandestino Il Ribelle, e sui Quaderni del Ribelle esce la sua famosa preghiera «Signore facci liberi». Una militanza clandestina che termina con l’arresto a Milano, dove viene torturato e poi deportato in Germania. Nei lager di Flossenburg e di Hersbruck dà prova di una carità eroica assistendo i compagni prigionieri. «Una personalità cristiana spiccata e solida – ha detto di lui il postulatore della causa di beatificazione, monsignor Paolo Rizzi, in occasione dell’annuncio del rito del prossimo 3 febbraio – un confessore martire della coscienza morale cristiana, caratterizzato da un amore assoluto per la verità e la giustizia; un testimone autorevole dell’impegno dei cattolici italiani nella società.
La sua beatificazione arriva in un momento importante e appropriato, quando i cattolici italiani hanno bisogno di ritrovare le loro migliori radici anche sul versante della testimonianza nel sociale ». Per il vescovo di Vigevano, Maurizio Gervasoni, «la figura di Teresio Olivelli appare come costante e forte testimonianza della fede in Gesù Cristo, incarnata in opere di carità e di servizio soprattutto ai deboli e alle vittime della violenza e dell’odio. Teresio Olivelli è per questo proposto come esempio di autentico cristiano, che ha anteposto il Vangelo ad ogni ideologia, che è stato discepolo innamorato di Cristo ed apostolo appassionato della Chiesa. Un fedele laico, socio di Azione cattolica e della Fuci, la cui fede rigetta qualsiasi forma di male e di violenza».