mercoledì 17 marzo 2021
Dal domenicano François-Marie Dermine una guida per distinguere ciò che è superstizione da ciò che è realtà. «Lo sguardo di Satana è ostile ma punta intimorito verso l’alto, da creatura perdente»
Coppo di Marcovaldo, «Satana», dal Giudizio Universale del Battistero di Firenze

Coppo di Marcovaldo, «Satana», dal Giudizio Universale del Battistero di Firenze - Matthias Kabel

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Molti ricorderanno l’inizio del bestseller Ipotesi su Gesù di Vittorio Messori: «Di Gesù non si parla tra persone educate. Con il sesso, il denaro, la morte, Gesù è tra gli argomenti che mettono a disagio in una conversazione civile». L’incipit, che non ha perso di efficacia 45 anni dopo la prima edizione del libro, potrebbe essere riadattato mettendo al posto della parola «Gesù» la parola «Satana». E funzionerebbe lo stesso. Con la sola differenza, se vogliamo conservare l’esprit messoriano, che il disagio si creerebbe probabilmente in una conversazione tra teologi. Perché l’esistenza del demonio è una di quelle verità di fede che molti dotti hanno provato a normalizzare – o a demitizzare, per usare la categoria dell’esegesi figlia del teologo protestante Rudolf Bultmann – ma che inevitabilmente resiste ai tentativi di renderlo un mero simbolo e si ripresenta in tutta la sua forza. Innanzitutto per il suo radicamento scritturistico. Dalla Genesi all’Apocalisse la presenza del demonio è quella di un attore chiave e tanti e tali sono i riferimenti a lui nel Nuovo Testamento che la rivelazione di Cristo diventa anche svelamento di Satana.

Padre François-Marie Dermine, domenicano canadese di stanza ad Ancona, docente di teologia morale fondamentale alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna, esorcista e presidente nazionale del Gris (Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa) firma un libro che, come indica già il titolo, Ragioniamo sul demonio tra superstizione, mito e realtà (Esd, pagine 152, euro 13) vuole aiutare il lettore a focalizzare meglio un aspetto dell’annuncio cristiano che il magistero non cessa discretamente di ribadire. I documenti del Concilio Vaticano II, per dire, trattano del demonio 18 volte. La Gaudium et spes, il cui tono è dato appunto dalle parole gioia e speranza, presenta un passo di questo tenore: «Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno». Paolo VI nella sua celebre udienza generale del 15 novembre 1972 disse del demonio in modo perentorio: «Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscerlo come esistente». Il frequente richiamo dell’attuale Pontefice all’azione di Satana è poi cosa nota tanto da essere considerato uno dei uno dei tratti caratteristici della sua predicazione.

Il diavolo conosce i segreti dei cuori? Può compiere miracoli? Magia e malefici possono essere efficaci? Dove sono i demoni, sono onnipresenti? Queste sono alcune delle numerose domande che padre Dermine affronta attingendo anche a una grande risorsa della scuola domenica, ovvero l’angelologia e di converso la demonologia che san Tommaso sviluppa soprattutto nella Somma Teologica.

Il libro presenta in copertina un volto demoniaco tratto da un quadro riuscito della pittrice Raffaela Cotini. Scrive padre Dermine: «Il nostro modesto ragionare tratteggia una figura molto simile a quella della copertina: un soggetto personale davvero esistente, potente, inquietante, astuto, che osserva attentamente l’uomo per trascinarlo nel suo regno di malvagità e di orgogliosa solitudine. Un soggetto, tuttavia, che non merita di essere assecondato e, ancor meno, celebrato: il suo sguardo, per quanto ostile, punta intimorito verso l’alto e lascia trasparire la consapevolezza della creatura decaduta, ormai perdente e vinta sapendo che gli resta poco tempo (Apocalisse 12,12)».

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