Occorre "ritrovare una nuova risolutezza nel professare la fede e nel compiere il bene, per continuare con coraggio ad essere vicini agli uomini nelle loro gioie e sofferenze, nelle ore felici come in quelle buie dell'esistenza terrena". Lo ha detto il Papa nel discorso a dirigenti e agenti della Questura di Roma, ricevuti oggi in Vaticano, che ha definito "testimoni privilegiati" dell'insicurezza che sta attraversando la società italiana in questa fase, caratterizzata da "un certo indebolimento della percezione dei principi etici su cui si fonda il diritto e degli atteggiamenti morali personali, che a quegli ordinamenti sempre danno forza". "Ai nostri giorni - ha osservato Benedetto XVI - grande importanza è data alla dimensione soggettiva dell'esistenza". Ma se "ciò, da una parte, è un bene, perché permette di porre l'uomo e la sua dignità al centro della considerazione sia nel pensiero che nell'azione storica,non si deve mai dimenticare che l'uomo trova la sua dignità profondissima nello sguardo amorevole di Dio, nel riferimento a Lui". "Per noi cristiani - ha spiegato il Papa - il vero significato della coscienza è la capacità dell'uomo di riconoscere la verità, e, prima ancora, la possibilità di sentirne il richiamo, di cercarla e di trovarla. Alla verità e al bene occorre che l'uomo sappia aprirsi, per poterli accogliere in modo libero e consapevole". "La persona umana, del resto, è espressione di un disegno di amore e di verità: Dio l'ha 'progettata', per così dire, con la sua interiorità, con la sua coscienza, affinché essa possa trarne gli orientamenti per custodire e coltivare se stessa e la società umana". "Le nuove sfide che si affacciano all'orizzonte esigono - ha concluso Benedetto XVI - che Dio e uomo tornino ad incontrarsi, che la società e le Istituzioni pubbliche ritrovino la loro 'anima', le loro radici spirituali e morali, per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e, quindi, all'azione pratica".