lunedì 29 agosto 2011
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Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore,siamo qui per la solennità della Madonna della Guardia che dal 1490 guarda la nostra Città e dalla Città è guardata. Eleviamo gli occhi alla venerata effigie e chiediamo: che cosa hai da dirci quest'anno? Lei sembra volerci parlare della sua esperienza di Madre, Madre di quello straordinario Bimbo che è Figlio suo, ma che è anche il Figlio Eterno di Dio, il Verbo fatto carne nel suo grembo purissimo. Sembra che voglia parlarci del suo compito di crescere il piccolo Gesù che, in quanto vero uomo, ha avuto bisogno di tutto, anche di essere educato secondo la tradizione della sua famiglia, del suo villaggio, del suo popolo.E quanto ci sia bisogno di educarci e di educare, tutti lo vediamo. Sentiamo il crescente bisogno di educatori, di punti di riferimento autentici. I due milioni di giovani giunti a Madrid per la Giornata Mondiale della Gioventù, sono una buona notizia per il mondo. Provenienti da ogni punto della Terra, stretti attorno a Benedetto XVI, in un intreccio d'anime tanto più cordiale ed vibrante quanto più battente era la pioggia, hanno manifestato a tutti il loro desiderio di esserci e di crescere nella verità esigente e nell'amore serio. Hanno visto nel Successore di Pietro il punto affidabile e vero, e hanno detto ai Potenti delle Nazioni di non avere pura di quell'uomo schivo, dalla parola mite, chiara e profonda. Ben consapevoli delle difficoltà dell'ora, essi non hanno ceduto alla sfiducia né alla rabbia che distrugge, ma hanno rinnovato la speranza in Cristo ascoltando il Papa, e vivendo la gioiosa appartenenza alla Chiesa. I giovani non vogliono essere ingannati: sanno che la vita non è di chi se la gode, di chi è più scaltro e forte, di chi ha la strada spianata; e che il successo del potere e dell'affermazione personale – anche a prezzo della propria onestà – non porta lontano. Nonostante turbolenze e cadute, il giovane sa che la strada della realizzazione e della gioia sta da un'altra parte, quella del dovere e del sacrificio, della famiglia stabile e feconda, di rapporti veri. Intuisce che nulla è così triste quanto una vita vuota e priva di senso. Di fronte a queste attese, il mondo degli adulti non può rimanere indifferente e inerte, tanto meno lo possiamo noi cristiani. Per questo i Vescovi italiani hanno messo al centro dell'impegno pastorale del decennio la sfida educativa, facendo riferimento al Signore Gesù. In Lui – cristiani o meno – troviamo il Pedagogo migliore, il paziente Maestro della nostra mai conclusa crescita. In Lui, alla sua inesauribile grazia, attingiamo la forza di non arrenderci alle nostre cadute sulla via del bene, alle intermittenze della nostra volontà, alle durezze del nostro cuore, alle ostinazioni delle nostre abitudini malate. Veramente Gesù è la verità, la via, la vita dell'uomo!Ieri sera, nell'omelia, ho accennato alla famiglia, grembo della vita e prima scuola di umanità e di fede. Accanto ai genitori, si pone con discrezione e impegno la Chiesa, attingendo al patrimonio educativo della propria storia: basta pensare ai grandi Santi dell' educazione.Ora, però, desidero accennare ad un altro grande soggetto che partecipa, a suo modo, all' opera educativa della gioventù: la società. Se i giovani cercano dei punti di riferimento veri ai quali poter guardare con fiducia e, in qualche misura, anche affidarsi davanti alla vita, comprendiamo quanto sia necessario e auspicabile che l'intero corpo sociale diventi un soggetto affidabile e vero: e cioè un ambiente di vita, un orizzonte di modelli, un clima respirabile di valori, un humus comune, dove l'apparenza, il raggiro, la corruzione non la spuntano, e la disonestà non è la regola esibita e compiaciuta. Sappiamo che il sentire profondo della gente non è così e reagisce: l'esempio della vita dura, onesta e dignitosa dei propri avi è ancora vivo. Questo mondo fatto di gente semplice e vera esiste, reagisce spesso disgustato, e resiste a fronte di stili non esemplari che, palesi e amplificati, sembrano rappresentare la norma. Purtroppo i messaggi, che giungono prepotenti e insistenti nell'anima dei ragazzi, ma anche degli adulti, lasciano il segno, creano reazioni e fragilità emotive, paure, illusioni, rancori. E allora? Se la scuola – come giustamente si dice – deve essere una comunità educante, anche tutta la società deve diventare una società educante. E' quanto auspicavo a Reggio Calabria all'inizio della Settimana Sociale dei Cattolici Italiani nell'ottobre dello scorso anno.C'è bisogno, dunque, di una grande conversione culturale e sociale, e coloro che hanno particolari responsabilità rispetto alla vita pubblica – in qualunque forma e a qualunque livello – ma anche quanti hanno poteri e interessi economici, ne hanno il dovere impellente più degli altri, sapendo che, attraverso il loro operare, propongono modelli culturali destinati a diventare dominanti. Anche per questa ragione la questione morale in politica – come in tutti gli altri ambiti del vivere pubblico e privato - è grave e urgente, e non riguarda solo le persone ma anche le strutture e gli ordinamenti. Nessuno può negare l'impegno generoso e la rettitudine limpida di molti che operano nel mondo della politica e della pubblica amministrazione, dell' economia, della finanza e dell'impresa; a loro va rinnovata stima e fiducia. Ciò non di meno, la questione riguarda tutti come un problema non solo politico, ma culturale ed educativo. Non si tratta in primo luogo di fare diversamente, ma di pensare diversamente, in modo più vero e nobile se si vuole purificare l'aria, e i nostri giovani non siano avvelenati nello spirito. So bene che il compito è arduo perché si tratta di intaccare consuetudini e interessi vetusti, stili e prassi lontani dall'essenziale e dalla trasparenza, dal sacrificio e dal dovere, ma è possibile perché la gente lo chiede e perché è giusto.E' noto anche che formare dei ragazzi senza ideali, e in preda ad un falso concetto di libertà – intesa come fare ciò che si vuole senza altra regola di ciò che piace e comoda, senza il gusto delle regole e dei limiti - significa farne degli insicuri, incapaci a giudicare le cose con criteri razionali, affidati solo alle emozioni. Ma quale tipo di società ne verrà fuori? E soprattutto, saranno loro felici? No di certo! Chi ha responsabilità pubbliche oggi e domani, ha questo primario dovere e onore: mettere in movimento delle decisioni puntuali perché la "cultura della vita facile" ed egoista ceda il passo alla "cultura della serietà". Lo dobbiamo a loro, ma anche e noi stessi. La Santa Vergine della Guardia ci benedica, e ci accompagni in questa impresa che non ammette ritardi e pigrizie.
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