sabato 9 giugno 2018
In cammino nella notte per raggiungere la Santa Casa e inginocchiarsi davanti alla Madonna Nera. Testimonianze di speranza.
(Roberto Masi)

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«Sbagliammo strada e camminammo sotto un diluvio. Eravamo in trecento e arrivammo stremati a Loreto. Pensavo che dopo quel fallimento nessuno sarebbe più venuto al nostro pellegrinaggio». Era il 1978 e un giovane prete, don Giancarlo Vecerrica, si inventava la prima Macerata-Loreto, 28 chilometri di pellegrinaggio notturno fino alla Santa Casa e alla Madonna Nera. Allora a seguirlo erano i suoi studenti di liceo e qualche universitario. Ieri notte, a 40 anni esatti da quel temuto “fallimento”, a seguire Giancarlo Vecerrica, vescovo emerito di Fabriano-Matelica, erano in centomila.

Era rivolta a loro la telefonata di papa Francesco accolta alle 20.30 da un fragoroso applauso: «A me piace quando vedo giovani coraggiosi che si mettono in cammino per andare la notte, è un buon segnale, perché nella vita non si può restare fermi, un giovane non può restare fermo, se no va in pensione a venti anni. La gioventù è per andare avanti, per scommettere e dare frutti».

Commosso «dalla fedeltà del Papa» lo stesso Vecerrica, «è la sesta volta che ci telefona, santità». La felicità, ha proseguito Francesco, non è cosa che si compra al supermercato, ma «viene dall’amare e dal lasciarsi amare. Non la danno le guerre né le inimicizie e nemmeno il chiacchiericcio. Andate avanti sempre guardando l’orizzonte, ogni giorno un passo in più, questa è la felicità che consiste nell’amare Dio e gli altri».

Giunti da tutta Italia e dall’estero, i centomila hanno gremito fin dal pomeriggio lo stadio di Macerata, dove hanno atteso l’arrivo della Fiaccola della pace, benedetta giorni fa dal Pontefice in piazza San Pietro e portata da 35 atleti attraverso i luoghi del terremoto. Scesa la notte, si sono messi in cammino, dopo aver assistito alla Messa presieduta dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, con la partecipazione del cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona-Osimo, e dei vescovi delle Marche. «Siamo invitati a camminare pensando ai giovani e pregando per loro in preparazione al Sinodo dei vescovi di ottobre – ha detto Ouellet nell’omelia –. E noi vescovi questa intenzione l’abbiamo a cuore, perché ci sembra di vedere i giovani del nostro tempo cercare la loro strada in ordine sparso, ognuno per proprio conto».

“Che cercate?” è infatti il tema di quest’anno, che ripropone la stessa domanda di Gesù ad Andrea e Giovanni, ma riecheggia anche il messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale della gioventù: «E voi giovani, che cosa vi preoccupa di più nel profondo? Una paura che esiste in molti di voi è di non essere amati… Sappiate che la Chiesa si fida di voi, voi fidatevi della Chiesa. Accettate la sfida?». Questo cercare, questa sete e questa fame che a volte ci divorano, ha ricordato nel suo messaggio il presidente di Cl, don Juliàn Carròn, «è proprio il segno della nostra grandezza».

Forti le testimonianze di Uwa e Frank, nigeriani di 15 anni arrivati due anni fa dal mare. Sfuggiti alla morte, venduti schiavi, «soli al mondo, senza mamma e papà, con la pelle scura, chi mai si sarebbe preoccupato di me?», si chiedevano allora, «ma a Termini Imerese ci hanno accolti e noi non abbiamo più paura. Abbiamo capito che tutti cerchiamo solo una cosa, di essere amati. Come il giorno che papa Francesco ci ha guardati: eravamo unici e speciali ai suoi occhi».

Se in mezzo a tante risorse tecnologiche i ragazzi incontrano spesso muri, vuoti, solitudine – ha meditato il cardinale Ouellet – «il nostro pellegrinaggio è allora un abbraccio fraterno nella fede che dice: non stare solo, camminiamo insieme nella vita come cammineremo stanotte, verso una meta impegnativa ma sicura». Per vivere davvero il tema del pellegrinaggio occorre immedesimarsi nel brano del Vangelo in cui Gesù guarda fisso negli occhi i discepoli e fa loro questa domanda, ha ammonito Nazzareno Marconi, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia: «Fratello, sorella, che cammini in questa notte di grazia, il Signore si rivolge a te, lasciati guardare da Lui».

È con questo spirito che alle 22 l’enorme serpentone festoso e colorato ha lasciato lo stadio seguendo le centinaia di insegne con i nomi dei paesi e delle città di provenienza, per confluire tutto in un unico traguardo, la Santa Casa di Loreto, dove all’alba ha trovato ad accoglierlo l’arcivescovo prelato di Loreto, Fabio Dal Cin, il cardinale Ouellet, il vescovo di Fabriano-Matelica, Stefano Russo, e Rocco Pennacchio, arcivescovo di Fermo. Ultima a fare il suo ingresso sul sagrato, come sempre, la Madonna Nera, che ha atteso anche l’ultimo tra i centomila pellegrini.



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