Da quando l’Italia ha chiuso per l’emergenza coronavirus le Caritas sono accanto a poveri e malati. In silenzio, nello stile consolidato da mezzo secolo. «Le Caritas nelle diocesi stanno rispondendo molto bene. Anzitutto aiutando coloro che avevano già in carico e poi facendo fronte alle nuove povertà. Penso ad esempio a circensi e giostrai bloccati nei comuni e di cui si sono dimenticati tutti tranne noi e la fondazione Migrantes. Significativa anche la messa a disposizione di strutture diocesane da parte di 65 diocesi per l’accoglienza di 1.100 persone tra medici, infermieri, persone in quarantena e senza dimora». Con il presidente di Caritas Italiana, l’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, tracciamo un primo bilancio del sostegno agli ultimi nel mese in cui l’Italia si è fermata.
Come sono stati impiegati i 10 milioni di euro stanziati dalla Cei?
Oltre 2 milioni, 10mila euro ciascuna, sono stati subito utilizzati dalle 218 Caritas diocesane per interventi di prima emergenza. Tutte segnalano un aumento significativo delle richieste di aiuti alimentari dal 20 al 50%, nelle varie forme in cui sono stati rimodulati i servizi: pasti da asporto, pacchi a domicilio, empori, buoni spesa. Tra le nuove povertà, chiedono aiuto le badanti e i lavoratori in nero e l’umanità sfruttata nei circui- ti della prostituzione, donne e transessuali. Inoltre in alcuni casi si è intervenuti per sostituire le mense che hanno chiuso. La Presidenza ha poi deciso di destinare subito altri 4 milioni di euro per sostenere le attività delle Caritas maggiormente colpite dalla pandemia, prevalentemente al nord. Poca burocrazia, ma sono soldi dei cittadini e saranno spesi bene e con trasparenza.
Per contribuire alla raccolta fondi di Caritas Italiana (via Aurelia 796 - 00165 Roma) si può utilizzare il conto corrente postale n. 347013, o effettuare una donazione on-line tramite il sito www.caritas.it, o un bonifico bancario con la causale “Emergenza Coronavirus”
Come si sono adattati i servizi dall’emergenza?
Quelli per i senza dimora si sono in parte trasformati da dormitori in comunità protette. I centri di ascolto spesso proseguono per via telematica o telefonica, con un’attenzione in particolare ad anziani e malati. Alcune Caritas hanno avviato il sostegno psicologico per quanti sono provati e disorientati da questa pandemia. In altre Caritas diocesane vengono realizzate iniziative per carcerati come l’accoglienza in caso di dimissioni dalle strutture o per chi può usufruire di pene alternative. Oppure si è provveduto al supporto nelle necessità ordinarie data la sospensione delle visite dei familiari. I 250 empori solidali funzionano su appuntamento. Un fronte nuovo è la povertà educativa dei minori che non possono partecipare alla didattica a distanza. Infine molte si sono attivate per la difficile situazione dei migranti e richiedenti asilo, ora che sono sospesi i tirocini e i percorsi di inserimento e integrazione. E per chi viene espulso ma non può lasciare l’Italia.
L’arcivescovo Redaelli presidente Caritas italiana - .
Ci sono nuovi volontari?
Si. Preventivamente abbiamo lasciato a casa gli anziani e, facendo appelli e grazie alla collaborazione della pastorale giovanile, Agesci, e Ac tantissimi giovani hanno dato la loro disponibilità. È un ricambio generazionale. Grazie a loro le Caritas riescono ad assicurare molteplici servizi, spesso con la Protezione civile. Con i fondi si sono acquistati dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti, igienizzanti) per operatori o strutture che ospitano le persone più fragili.
Le Caritas stanno collaborando con gli enti locali per erogare i sussidi ai poveri?
A macchia di leopardo. Ci chiamano soprattutto i piccoli comuni anche per verificare che non ci siano persone aiutate anche da altri. Noi guardiamo al dopo. La somma rimanente del contributo Cei sarà infatti utilizzata per i successivi interventi. Ci preoccupa che, come già avvenuto nelle precedenti crisi del 2008 e del 2012, l’attuale emergenza porti ad un aumento delle diseguaglianze sociali ed economiche. Valuteremo che strumenti adottare, dal micro credito ai fondi di solidarietà. La Caritas vuole comunque conservare un compito promozionale. La comunità cristiana deve diventare più sensibile senza delegare la Caritas. Una telefonata ai malati e agli anziani può essere un compito della parrocchia, non del gruppo Caritas.