
La folla dei fedeli sotto le finestre della stanza del Papa al Gmelli, oggi domenica 23 febbraio - Reuters
E' stata una domenica di attesa e di preghiera per Francesco. Dopo le allarmanti notizie del bollettino di sabato sera, 22 febbraio, si è pregato a Roma e in tutto il mondo perché il Signore assista Francesco in questo momento di sofferenza e gli permetta di tornare, guarito, a guidare la Chiesa. Nel corso della giornata, però, sul fronte sanitario, sono filtrate dal Gemelli informazioni rassicuranti, confermate sostanzialmente nel bollettino serale (di cui parliamo più diffusamente a parte). Il Papa, hanno fatto sapere fonti vaticane, ha continuato a usare i naselli dell'ossigeno ad alto flusso. E ha proseguito con le terapie prescritte dai medici, comprese le analisi del sangue per tenere sotto controllo l'anemia (poi migliorata) e il basso numero di piastrine (rimaste stabili). Già in mattinata fonti di agenza riferivano che la crisi di ieri era rientrata, come attestava la notte tranquilla passata dal Pontefice, secondo la prima comunicazione del mattino data dalla Sala stampa vaticana poco dopo le 8,00. Il Papa in sostanza aveva riposato bene.
A mezzogiorno è stato diffuso il testo dell'Angelus, che ovviamente Francesco non ha potuto proclamare. «Proseguo fiducioso il ricovero al Policlinico Gemelli - fa sapere il Pontefice -, portando avanti le cure necessarie; e anche il riposo fa parte della terapia! Ringrazio di cuore i medici e gli operatori sanitari di questo Ospedale per l’attenzione che mi stanno dimostrando e per la dedizione con cui svolgono il loro servizio tra le persone malate». Francesco sente l'affetto che lo circonda. «In questi giorni - prosegue il testo - mi sono giunti tanti messaggi di affetto e mi hanno particolarmente colpito le lettere e i disegni dei bambini. Grazie per questa vicinanza e per le preghiere di conforto che ho ricevuto da tutto il mondo! Affido tutti all’intercessione di Maria e vi chiedo di pregare per me».
Il Papa dedica anche un pensiero alla pace. «Si compie domani il terzo anniversario della guerra su larga scala contro l’Ucraina: una ricorrenza dolorosa e vergognosa per l’intera umanità! Mentre rinnovo la mia vicinanza al martoriato popolo ucraino, vi invito a ricordare le vittime di tutti i conflitti armati e a pregare per il dono della pace in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu e in Sudan».
Sul piazzale che porta all'ingresso del Policlinico Gemelli, verso mezzogiorno si è formata una piccola folla. E non c'è nessuno di quelli che, con incessante andirivieni si recano a visitare i propri parenti e amici, non si fermi anche solo per un attimo e non alzi lo sguardo verso le finestre del decimo piano dove c'è la stanza di Francesco. Alcuni fanno un segno di croce, altri mandano un bacio volante, altri ancora sostano brevemente in silenziosa preghiera.
E una grande preghiera corale è salita nella mattina di domenica 23 febbraio dalla Basilica di San Pietro, dove l'arcivescovo Rino Fisichella ha presieduto, su incarico del Papa, la messa per il Giubileo dei diaconi, leggendo l'omelia preparata dal Pontefice. «Papa Francesco, benché in un letto d'ospedale, lo sentiamo vicino a noi, presente in mezzo a noi - ha sottolineato il pro prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione -. Questo ci obbliga a rendere ancora più forte e più intensa la nostra preghiera perché il Signore lo assista nel momento della prova e della malattia».
Nel corso della celebrazione sono stati anche ordinati alcuni candidati al diaconato. Nel testo dell'omelia, il Papa invita i diaconi a essere annunciatori del perdono. «Per crescere insieme - scrive -, condividendo luci e ombre, successi e fallimenti gli uni degli altri, è necessario saper perdonare e chiedere perdono, riallacciando relazioni e non escludendo dal nostro amore nemmeno chi ci colpisce e tradisce. Un mondo dove per gli avversari c’è solo odio è un mondo senza speranza, senza futuro, destinato ad essere dilaniato da guerre, divisioni e vendette senza fine, come purtroppo vediamo anche oggi, a tanti livelli e in varie parti del mondo. Perdonare, allora, vuol dire preparare al futuro una casa accogliente, sicura, in noi e nelle nostre comunità. E il diacono, investito in prima persona di un ministero che lo porta verso le periferie del mondo, si impegna a vedere – e ad insegnare agli altri a vedere – in tutti, anche in chi sbaglia e fa soffrire, una sorella e un fratello feriti nell’anima, e perciò bisognosi più di chiunque di riconciliazione, di guida e di aiuto». Anche all'Angelus un appello ai diaconi. «Svolgete il vostro ministero nella Chiesa con parole e opere, portando l'amore e la misericordia di Dio a tutti. Vi esorto a continuare con gioia il vostro apostolato e - come ci suggerisce il Vangelo di oggi - a essere segno di un amore che abbraccia tutti, che trasforma il male in bene e genera un mondo fraterno. Non abbiate paura di rischiare l'amore».
Nella sera del 22 febbraio, il bollettino medico con il consueto aggiornamento riguardante le condizioni di papa Francesco conteneva notizie preoccupanti e parole pesanti: «crisi respiratoria prolungata», «ossigeno ad alti flussi», «emotrasfusioni» e «prognosi riservata».
Un quadro, che il comunicato definiva «critico». «Le condizioni del Santo Padre continuano ad essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo», sottolineava la nota. «Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi». Poi il riferimento alla trasfusione di sangue: «Gli esami del sangue odierni hanno evidenziato una piastrinopenia, associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni». Unica nota positiva, in chiusura, era la sottolineatura che «il Santo Padre continua ad essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona». Ma, aggiungeva il comunicato, oggi Francesco è stato «più sofferente rispetto a ieri». E infine una nota medica che di fatto in qualche modo era stata anticipata e spiegata durante la conferenza stampa di venerdì: «Al momento la prognosi è riservata». Che vuol dire che non è possibile ancora pronunciarsi sull'evoluzione della situazione.
Venerdì pomeriggio il professor Sergio Alfieri, davanti ai giornalisti convocati per una conferenza stampa che a una settimana dal ricovero di Francesco al Policlinico “Agostino Gemelli” ha fatto il punto della situazione, aveva precisato appunto che il Papa «non è fuori pericolo, ma non è in pericolo di vita». Il Pontefice resta «un paziente fragile», aveva detto Alfieri, che è il primario di chirurgia, affiancato dal dottor Luigi Carbone, referente medico personale del Papa. «Sicuramente - ha sottolineato - la degenza sarà ancora lunga. Almeno tutta la prossima settimana». E il Papa tornerà a Santa Marta «solo quando non avrà più bisogno di terapie ospedaliere».
I pericoli per un «paziente fragile»
In sostanza, la polmonite bilaterale da cui è affetto il Papa non è da sottovalutare, «tutte le porte restano aperte», aveva sottolineato Alfieri. «Il cuore è forte, la parte addominale, sottoposta a intervento in passato, è a posto. Ha una stoffa fortissima. E la testa è quella di un sessantenne, forse anche di un cinquantenne», ha riassunto il professore.
Da dove potrebbero arrivare dunque i pericoli? Alfieri ha spiegato che l’ipotesi peggiore sarebbe quella di un passaggio nel sangue dei microbi attualmente localizzati nelle vie respiratorie. Se questo avvenisse, si innescherebbe una sepsi e le conseguenze potrebbero essere molto gravi. Ma finora ciò non è avvenuto e i medici sono fiduciosi che non avvenga, anche alla luce delle cure che quotidianamente vengono somministrate al Papa.
Francesco però resta «un paziente fragile». «E con questa definizione intendiamo un uomo di 88 anni che non si è certo risparmiato e che ha patologie croniche cioè bronchiectasie e bronchite asmatiforme. Le malattie croniche non guariscono, ma possono essere validamente contrastate». Il professore ha anche precisato che papa Bergoglio non è allettato. Si siede in poltrona, legge, lavora, va in cappella a pregare. E soprattutto non è attaccato ad alcun macchinario. Cioè respira spontaneamente e mangia normalmente. Informazioni che collimano con quanto in mattinata avevano fatto sapere fonti vaticane: «Il Papa ha ricevuto l’Eucaristia e successivamente si è dedicato alle attività lavorative. Continua a ricevere i collaboratori più stretti e a svolgere un po’ di lavoro».
Alfieri ha anche fatto chiarezza sul lavoro dei medici in questa prima settimana di degenza. All’inizio non c’era evidenza di un’infezione ai polmoni che poi è comparsa dopo una Tac. A Casa Santa Marta prima del suo ricovero, ha precisato spazzando via le dicerie dei giorni scorsi, «il dottor Carbone e l’infermiere personale Massimiliano Strappetti hanno curato il Pontefice come meglio non si poteva». Alfieri aveva anche sottolineato: «Il Papa è pienamente consapevole della serietà delle sue condizioni e ha sempre voluto che raccontassimo la verità. Non ci sono mai stati "non detti" nei nostri bollettini».
Infine il professore ha riferito che Francesco «mantiene il suo buon umore», raccontando anche un paio di aneddoti in tal senso. «Ieri mattina, quando sono entrato nella sua stanza e gli ho detto “buongiorno Santo Padre”, mi ha risposto: “Buongiorno Santo Figlio”. In un’altra occasione - ha proseguito Alfieri - mentre gli riferivo gli esiti di alcune analisi mi sono avvicinato un po’ troppo a lui, che mi ha chiesto: “Ma si vuole confessare?”. Allora gli ho risposto: “Santità, se mi devo confessare la sua degenza sarà molto più lunga”. Ad ogni modo l’assoluzione me l’ha data e io naturalmente me la sono presa».
Un giornalista ha chiesto che cosa avverrà quanto Francesco tornerà a Casa Santa Marta. Dovrà limitare la sua attività? «Non credo si farà legare alla poltrona da nessuno, non è uno che molla», ha detto Carbone. E Alfieri ha aggiunto: «Adesso la priorità è guarirlo dalla polmonite bilaterale».