“Non sono salvadoregna di nascita. È stato Monseñor a farmi appartenere a questo popolo in cui scorre la sua memoria. E la sua fede nel Dio della vita”.
Mariella Tapella non ha conosciuto
Óscar Arnulfo Romero, arcivescovo martire di San Salvador. Alla fine degli anni Settanta - mentre il pastore scuoteva El Salvador e il mondo con le sue profetiche omelie -, Mariella insegnava matematica agli adolescenti di Turbigo, in provincia di Varese.
Al lavoro, la professoressa sommava un impegno attivo in Pax Christi Internazionale, esperienza che l’ha portata a collaborare prima con monsignor Luigi Bettazzi e, poi, con don Tonino Bello. “Proprio attraverso Pax Christi avevo molto sentito parlare di monsignor Romero. Lo ammiravo”, racconta Mariella.
A cambiare la vita di quest’ultima, però, è stato il martirio sull’altare dell’arcivescovo, il 24 marzo 1980. “Mi sono sentita interpellata come credente. La Messa di Monseñor (come i salvadoregni chiamano Romero) era stata interrotta. A tutti i cristiani del mondo, sacerdoti, consacrati, laici, veniva simbolicamente lasciato il compito di contribuire a terminarla. Con le nostre vite”.
Dopo un periodo di discernimento e preparazione, così, Mariella è diventata missionaria laica e,
il 24 luglio 1986, è atterrata a San Salvador, come rappresentante di Pax Christi Internazionale. La guerra civile, scoppiata dopo l’assassinio dell’arcivescovo, sarebbe durata altri sei anni. Mariella si è dovuta fingere studiosa di archeologia perché il regime, che all’epoca opprimeva il Paese, le consentisse di entrare. Il conflitto, l’ex insegnante l’ha vissuto in prima linea. “Lavoravo nella baraccopoli di La Chacra.
Non era facile. Vivevamo nel terrore della repressione: ho dovuto cambiare cinque indirizzi per sfuggire agli squadroni della morte. Ho visto le bombe cadere dal cielo e ho imparato a dormire sotto il letto”, racconta. Dopo gli accordi di pace, nel 1992, ha creato, insieme a padre
Rutilio Sánchez, Sercoba, organizzazione che lavora con e nelle comunità rurali per diffondere la Bibbia. E aiutare i contadini a leggere la realtà alla luce della Scrittura, sull’esempio di Monseñor. “In realtà, sono loro a insegnarmi, con la loro testimonianza quotidiana di fede testarda nel Dio della vita. La gente è la mia scuola. Da 29 anni, da docente, mi sono trasformata in alunna...”