sabato 14 marzo 2020
Dalle reti sociali ai siti parrocchiali, come esprimere il cordoglio e unirsi nella preghiera. Monsignor Lameri: così la comunità può far sentire la propria vicinanza
L’arrivo «solitario» dei carri funebri nei cimiteri

L’arrivo «solitario» dei carri funebri nei cimiteri - Ansa

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È vero che oggi i funerali vanno celebrati senza Messa. Ed è vero che le esequie si tengono solo al cimitero, per di più “ridotte” ai familiari. «Ma la Chiesa c’è sempre, anche se rispetta le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria», spiega monsignor Angelo Lameri, il docente di liturgia e sacramentaria alla Pontificia Università Lateranense di Roma che è consultore della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti e dell’Ufficio celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice.

Al tempo del coronavirus non c’è la Messa esequiale? Non si può andare nella casa del defunto? Non è possibile recarsi nella cappella mortuaria di un ospedale? Non si può raggiungere il cimitero al momento della sepoltura? «Eppure la comunità cristiana accompagna comunque i fedeli nel loro ultimo viaggio. E si stringe in ogni caso accanto ai parenti colpiti dal lutto – sostiene Lameri –. Lo fa prima di tutto attraverso il sacerdote che, anche in mezzo alla pandemia che stiamo vivendo, non fa mai mancare la sua presenza. E lo fa l’intera comunità: non di persona, non fisicamente, ma in modi che magari possono apparire inusuali ma che coniugano preghiera e prossimità evangelica». Così, ad esempio, è possibile unirsi al dolore della famiglia con una telefonata, con un messaggio, addirittura creando un gruppo su WhatsApp che coinvolga quanti sono legati a chi è morto, suggerisce il liturgista. «Ma anche assicurando la preghiera attraverso le reti sociali – prosegue –. Chi usa Facebook può postare un pensiero di partecipazione seguito da un’intenzione».

E anche la parrocchia è chiamata a percorrere le autostrade telematiche nel momento dell’estremo saluto. «Oggi sono molte le comunità che hanno siti web o profili social – nota Lameri –. Se una volta si segnalava la morte di un fedele con il suono delle campane, adesso si può rendere partecipe la gente anche mediante questi strumenti e invitare alla preghiera. Non sarà uguale al conforto di un abbraccio o alla partecipazione alla Messa esequiale; però, grazie al cielo, la tecnologia permette di garantire una vicinanza che fa sentire meno soli». Un’altra proposta è quella del Rosario per il defunto: se non è permessa la veglia prevista del rito delle esequie, si può chiedere alle singole famiglie di recitare la corona nella propria casa ad un orario prestabilito in memoria di chi è scomparso. «Questo tempo complesso e rarefatto – sottolinea il sacerdote – ha già fatto nascere molte reti “oranti”. Perché il digiuno eucaristico è un’opportunità per riscoprire la preghiera personale e fra le mura domestiche».

Certo, il funerale non è soltanto sinonimo di Messa. «La tradizione italiana prevede le esequie all’interno della celebrazione eucaristica. In altri Paese il rito funebre avviene già al di fuori della Messa stessa – chiarisce Lameri –. Tuttavia, come hanno suggerito i vescovi di numerose diocesi italiane nelle disposizioni per queste settimane segnate dal virus, può essere il prete a dire alla famiglia che la Messa del giorno celebrata privatamente sarà in suffragio del defunto. E poi è sempre possibile rinviare la celebrazione comunitaria a quando verrà superato il picco dell’emergenza».

Tocca, comunque, al prete – il solo che può essere davvero attorno ai parenti nell’ora del cordoglio – trasmettere la partecipazione al dolore dell’intera comunità e “rinnovare” alla luce del Vangelo l’esperienza della morte. «Al sacerdote è permessa la visita nel luogo in cui si trova il defunto con l’eventuale benedizione della bara – chiarisce –. E soprattutto è lui a guidare l’unico momento celebrativo consentito, benché breve: la sepoltura al cimitero. È quello che nel rito delle esequie viene indicato con il titolo “Al sepolcro”. La liturgia cristiana del funerale è celebrazione del mistero pasquale di Cristo e nelle esequie intendiamo affermare la nostra speranza nella vita eterna. La dimensione pasquale non è solo presente nella Messa ma in tutti i testi del rito, comprese le orazioni della benedizione del sepolcro che richiamano in maniera forte al mistero della morte e risurrezione del Signore».

C’è, però, uno spazio che in questa pandemia è riservato al laicato. Si tratta della vicinanza ai pazienti “critici” negli ospedali. «Dal momento che neppure il sacerdote può entrare in contatto con i malati che si trovano in terapia intensiva o in isolamento – conclude il docente della Lateranense – è compito dei medici e degli infermieri cristiani offrire qualche parola di conforto e di fede. Del resto la cura della persona non è solo sanitaria, ma globale e include anche la dimensione spirituale. Di sicuro va detto che sono molti gli operatori credenti attenti anche all’anima. Una benedizione del cielo».

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