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“I familiari dei defunti mi chiamano, io metto il cellulare sulle salme dei loro cari e preghiamo insieme”. Così Fra Aquilino Apassiti, in un'intervista a InBlu radio, il network delle radio cattoliche della Cei, ha spiegato come riesce a dare conforto ai parenti delle vittime in questo momento di emergenza sanitaria causato al coronavirus.
Fra Aquilino Apassiti è un missionario cappuccino, di 84 anni, rientrato 5 anni fa a Dalmine dal Brasile, dà conforto a personale sanitario, pazienti e familiari, ovviamente nel rispetto delle misure di sicurezza. Sta nella cappella dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo, si affaccia dove permesso sulla porta dei reparti.
In un'intervista a radio InBlu ha raccontato del momento più terribile, la benedizione delle salme senza i parenti spesso in quarantena. “L'altro giorno una signora – ha proseguito Fra Aquilino - non potendo più salutare il marito defunto mi ha chiesto di fare questo gesto. Ho benedetto la salma del marito, fatto una preghiera e poi ci siamo messi entrambi a piangere per telefono. Si vive il dolore nel dolore. E' un momento di grande prova”.
“In queste ultime settimane – ha aggiunto Fra Aquilino - ovviamente non posso più vedere di persona i malati soprattutto coloro che sono in dialisi ma rimango sulla porta della stanza. Lo faccio perché se i pazienti non mi vedono pensano che io sia stato contagiato. La maggior parte del tempo la passo nella cappella dell'ospedale a pregare. La sera spesso viene una dottoressa del reparto di cardiologia e prega per 45 minuti”.