sabato 26 gennaio 2013
Domani la Giornata mondiale. L’arcivescovo Zimowski: «L’esempio dei santi sia di guida nel portare conforto ai malati».  Domani stand dell’Aifo in 900 piazze d’Italia​.
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Si celebrerà domani in tutto il mondo la 60ª edi­zione della Giornata mondiale di lotta alla leb­bra, «male tanto antico quanto grave per le sof­ferenze, l’esclusione sociale e la povertà che com­porta. Questa ricorrenza costituisce, per tutti i cri­stiani, gli enti benefici e le persone di buona volontà, una preziosa occasione per ri­lanciare l’impegno in favore di quanti sono colpiti direttamente dal Mycobacterium Leprae o ne sono indirettamente interessati, come i familiari, promuovendo un rinnovato slancio per il rein­serimento sociale delle persone che ne portano i segni». Lo au­spica l’arcivescovo Zygmunt Zi­mowski, presidente del Pontifi­cio Consiglio per gli operatori sanitari, nel suo mes­saggio in occasione dell’evento fissato – come ogni anno – l’ultima domenica di gennaio: una ricorren­za istituita nel 1954 da Raoul Follereau, scrittore e giornalista francese definito «apostolo dei malati di lebbra».
«Lasciamo che l’esempio di santi, beati e persone di buona volontà, come san Damiano di Molokai e san­ta Marianna Cope, i beati Jan Beyzym e Madre Tere­sa di Calcutta, il servo di Dio Marcello Candia e Raoul Follereau – di cui ricorre quest’anno anche il 110° an­niversario della nascita – ci ispirino e ci sostengano nel portare aiuto e conforto a questi nostri fratelli e sorelle malati», esorta il presule, ricordando che tut­te le persone vittime della lebbra «sono chiamate a cooperare per l’affermazione di una società più in­clusiva e giusta che permetta il reinserimento di chi è stato guarito, per divulgare e promuovere le possi­bilità di diagnosi e di cura, per ribadire la necessità di sottoporsi a terapie per esserne curati contribuendo a debellare l’infezione, per diffondere nelle realtà d’ap­partenenza i criteri igienico-sanitari indispensabili a impedirne l’ulteriore propagazione». Non solo: i cre­denti colpiti dalla lebbra possono offrire «la propria tribolazione per il bene della Chiesa e dell’umanità».
Per sensibilizzare al sostegno degli hanseniani – i ma­lati del morbo di Hansen, nome scientifico della leb­bra – l’Aifo (Associazione italiana amici di Raoul Fol­lereau) organizza in 900 piazze e presso molte par­rocchie la distribuzione del «Miele della solidarietà»: un’iniziativa che coinvolge la Croazia, produttrice del miele, l’India (dove vengono confezionati i sacchet­ti di iuta) e i volontari italiani che preparano i vaset­ti da esporre negli stand. Il ricavato della distribuzio­ne concorrerà a finanziare la cura dei malati di leb- bra nelle città e nelle campagne dell’India. E proprio nel sub-continente asiatico operano le due «testi­moni di solidarietà», suor Aley (Leela) Cheenuthu­vattukulam, delle Figlie della Chiesa e la dottoressa Rosamma Antony Thottukadavil, laica missionaria, impegnate in decine di incontri in scuole, parrocchie, monasteri, enti locali.
Nel distretto indiano di Mandya (Stato del Karnataka) suor Leela ha avviato l’introdu­zione del metodo di cura della lebbra consigliato dall’Organiz­zazione mondiale della sanità, cioè la polichemioterapia. Ora, ri­ferisce, è «responsabile per l’Aifo del progetto sanitario e di riabili­tazione fisica e sociale delle per­sone con disabilità colpite dalla lebbra, che si propone anche di sviluppare azioni di educazione sanitaria, nelle scuole e nei villaggi dell’area proget­tuale, riguardanti i sintomi precoci della lebbra e la prevenzione dell’infezione da virus Hiv». Il progetto è realizzato in collaborazione con il Centro di salute «Maria Olivia Bonaldo», gestito dalle suore della sua congregazione, che dal 1992 offre servizi socio-sani­tari alle persone colpite dalla lebbra o dall’Hiv.
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