Il caso di Nello Giraudo, pedofilo e per l’indegnità della sua condotta non più prete, è stato affrontato in diverse occasioni anche sulle nostre pagine, gentile signor Belloli. L’ultima volta il 5 marzo scorso, con un articolo che chiariva ciò che un primo servizio delle Iene (raddoppiato domenica scorsa) aveva reso confuso a molti spettatori, e cioè che quel caso di intollerabile violenza commessa da un sacerdote quando ne fu chiara la verità e la portata venne finalmente affrontato, anche dall’allora vescovo Calcagno, con la necessaria fermezza secondo lo stile ecclesiale di "tolleranza zero" nei confronti dei pedofili e di solidarietà alle vittime voluto da Papa Benedetto. Quanto alla sua domanda accorata e forte sul perché, in passato, ci siano stati casi di abuso sessuale su bambini e bambine da parte di persone consacrate "non denunciati" pubblicamente, mi sono reso conto da tempo che non esiste una risposta sola. Le cause sono diverse: sottovalutazione del problema, sopravvalutazione del pentimento proclamato dai colpevoli, assenza di testimonianze (per paura o per vergogna delle vittime o dei loro genitori), false accuse in casi analoghi che avevano indotto a cautela, malinteso senso dell’onore… Ci sono diverse risposte, ma quello che a me – da cattolico, da padre di famiglia e da cronista – più preme sottolineare è che si tratta di risposte che spiegano errori o tradimenti – come li ha definiti Papa Ratzinger – del passato, perché oggi la Chiesa cattolica è, grazie a Dio, non solo impegnata come sempre a difesa dei più piccoli e fragili in ogni contesto e soprattutto in quello dell’infanzia, ma un passo avanti a ogni altra istituzione laica o religiosa nel perseguire i crimini commessi al proprio interno. Bisogna dire tutto e fare tutto ciò che è giusto e necessario, collaborando alla giustizia possibile. Ma bisogna proprio dire tutto. Per questo trovo grave e tendenzioso continuare a riproporre mediaticamente come attuali vicende dolorosissime che hanno già portato a condanne in sede civile e a sanzioni anche in sede religiosa. Capisco che chi è stato vittima di simili indegne violenze possa vivere con ferite che non si chiudono e, perciò, non riesca a perdonare, ma non capisco chi fa il mio mestiere e sceglie di raccontare una storia a tesi, anti-cattolica. Credo che tutto questo non serva alla causa della lotta contro l’abuso sessuale di bambini e bambine, un misfatto che è anche un affare gigantesco. I dossier che Avvenire pubblica da anni lo testimoniano. Aspetto di vedere le "Iene" dar conto della caccia ai signori della pedofilia resa vana da connivenze e interessi e accompagnata dall’incredibile disinteresse di troppi mass media.