martedì 12 marzo 2013
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​Gentile direttore,
le scrivo a seguito di una accesa discussione che ho avuto in ufficio con una persona sicuramente prevenuta verso la Chiesa, ma che in questo caso mi ha messo parecchio in difficoltà.
Pertanto le chiederei qualche delucidazione sul caso "pedofilia-trasmissione Iene". Perché una volta che si viene a conoscenza del malfatto di un religioso, invece di spostarlo o di ridurlo a stato laicale non lo si denuncia e basta, come accadrebbe con un qualsiasi "civile"? Mi riferisco al caso di Giraudo/Calcagno. Perché mi chiedo, perché?
Paolo Belloli, Bologna

 

Il caso di Nello Giraudo, pedofilo e per l’indegnità della sua condotta non più prete, è stato affrontato in diverse occasioni anche sulle nostre pagine, gentile signor Belloli. L’ultima volta il 5 marzo scorso, con un articolo che chiariva ciò che un primo servizio delle Iene (raddoppiato domenica scorsa) aveva reso confuso a molti spettatori, e cioè che quel caso di intollerabile violenza commessa da un sacerdote quando ne fu chiara la verità e la portata venne finalmente affrontato, anche dall’allora vescovo Calcagno, con la necessaria fermezza secondo lo stile ecclesiale di "tolleranza zero" nei confronti dei pedofili e di solidarietà alle vittime voluto da Papa Benedetto. Quanto alla sua domanda accorata e forte sul perché, in passato, ci siano stati casi di abuso sessuale su bambini e bambine da parte di persone consacrate "non denunciati" pubblicamente, mi sono reso conto da tempo che non esiste una risposta sola. Le cause sono diverse: sottovalutazione del problema, sopravvalutazione del pentimento proclamato dai colpevoli, assenza di testimonianze (per paura o per vergogna delle vittime o dei loro genitori), false accuse in casi analoghi che avevano indotto a cautela, malinteso senso dell’onore… Ci sono diverse risposte, ma quello che a me – da cattolico, da padre di famiglia e da cronista – più preme sottolineare è che si tratta di risposte che spiegano errori o tradimenti – come li ha definiti Papa Ratzinger – del passato, perché oggi la Chiesa cattolica è, grazie a Dio, non solo impegnata come sempre a difesa dei più piccoli e fragili in ogni contesto e soprattutto in quello dell’infanzia, ma un passo avanti a ogni altra istituzione laica o religiosa nel perseguire i crimini commessi al proprio interno. Bisogna dire tutto e fare tutto ciò che è giusto e necessario, collaborando alla giustizia possibile. Ma bisogna proprio dire tutto. Per questo trovo grave e tendenzioso continuare a riproporre mediaticamente come attuali vicende dolorosissime che hanno già portato a condanne in sede civile e a sanzioni anche in sede religiosa. Capisco che chi è stato vittima di simili indegne violenze possa vivere con ferite che non si chiudono e, perciò, non riesca a perdonare, ma non capisco chi fa il mio mestiere e sceglie di raccontare una storia a tesi, anti-cattolica. Credo che tutto questo non serva alla causa della lotta contro l’abuso sessuale di bambini e bambine, un misfatto che è anche un affare gigantesco. I dossier che Avvenire pubblica da anni lo testimoniano. Aspetto di vedere le "Iene" dar conto della caccia ai signori della pedofilia resa vana da connivenze e interessi e accompagnata dall’incredibile disinteresse di troppi mass media.

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