lunedì 21 settembre 2020
Il presidente dei vescovi ha aperto il consiglio permanente. Nella sua introduzione il ricordo del lockdown, lo sguardo sul futuro (espresso anche in 8 domande) e l'impegno per un nuovo annucio
Il cardinale Bassetti al Consiglio permanente della Cei, 21 settembre 2020

Il cardinale Bassetti al Consiglio permanente della Cei, 21 settembre 2020 - Ansa

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Anche dopo il lockdown la Chiesa italiana è pronta a fare la sua parte, così come ha offerto la sua grande testimonianza nel periodo più duro della pandemia. E intende offrire insieme ai gesti concreti di carità anche soprattutto “un annuncio liberante”. Lo assicura il cardinale Gualtiero Bassetti in apertura del Consiglio permanente della Cei. “Lontani dall’essere nostalgici, lamentosi o ripiegati su improbabili scorciatoie, sentiamo la responsabilità di affrontare strade nuove, lungo le quali ridisegnare il volto della nostra presenza ecclesiale. Si tratta di prendersi a cuore le persone, la loro dignità, la casa comune, il creato; di curare e custodire le relazioni, di coltivare e alimentare il dinamismo della comunione, che vive di incontro e di reale condivisione; di tessere con convinzione e gratuità una rete di alleanze sociali per promuovere insieme il bene comune, di ciascuno e di tutti”. QUI IL TESTO INTEGRALE

Le domande alla Chiesa

L’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei ha introdotto i lavori del parlamentino dei vescovi con alcune riflessioni, che avevano il principale scopo di avviare un confronto tra i membri del Consiglio permanente in vista dell'Assemblea generale che si svolgerà a novembre.

Le considerazioni del porporato hanno preso il via dal ricordo dei mesi di chiusura totale per motivi sanitari, per aprirsi progressivamente a una visione speranzosa del futuro. Non ha offerto ricette preconfezionate, ma ha concluso il suo intervento con una serie di domande, nate anche dall’interlocuzione con i vescovi di tutta Italia:

“Questa situazione inedita conosce la ricerca sincera di uomini e donne, forse digiuni delle nostre abitudini e dei nostri linguaggi, ma abitati dalla sete di Dio. Come proporre un nuovo incontro con il Vangelo, come annunciarlo con parole e gesti credibili?

Come aiutarci a superare rassegnazioni e luoghi comuni, per rileggere da una prospettiva di fede – quindi, con il pensiero di Cristo – anche questa stagione di angoscia e desolazione?

Attorno a quale nucleo essenziale ripensare nelle nostre comunità ecclesiali percorsi possibili di catechesi e di maturazione della fede?

Quali aspetti curare maggiormente nella formazione permanente dei nostri sacerdoti, quali processi favorire?

Quali passi ci attendono per vivere maggiore collegialità episcopale e comunione ecclesiale?

Quale contributo assicurare alla società italiana per rimuovere le cause della povertà, favorire l’inclusione di vecchi e nuovi poveri e far sì che nessuno sia escluso o resti indietro?

Al di là di ogni tentazione di chiusura difensiva e autoreferenziale, come valorizzare al meglio i circuiti relazionali in cui siamo immersi e costruire alleanze tra soggetti e istituzioni?

A cinque anni dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato si’, quale approfondimento proporne e quali scelte assumere per recuperare un rapporto buono con sé, con gli altri, con il creato e con Dio?”.

Secondo Bassetti, la situazione attuale e gli stessi quesiti, così come il ricordo del recente passato (“reparti ospedalieri trasformati in terapie intensive, la vita esposta a criteri di selezione e di scarto. L’isolamento che ha privato di affetti e conforti religiosi nel passaggio decisivo. Le bare anonime, caricate su camion militari. Le restrizioni delle libertà, le attività sospese, i tradizionali luoghi d’incontro deserti. Un Uomo affaticato e solo, che sale la china sotto la pioggia, e poi benedice una Piazza vuota in cui, significativamente, l’umanità intera si è riconosciuta presente”) sono un potente incentivo a "mantenere lo sguardo su ciò che abbiamo vissuto per far fronte alla pandemia”. Nel contempo, ha notato il cardinale, “ci testimoniano che davvero nulla sarà come prima”.

Memoria grata

Il presidente della Cei è poi tornato sull’impegno quotidiano di Istituzioni nazionali, regionali e locali; il coraggio e la dedizione umana e professionale di operatori sanitari, cappellani di ospedale e volontari delle Caritas e di altre associazioni: “silenziosi artigiani della cultura della prossimità e della tenerezza”, li ha definiti il Santo Padre”, ha ricordato il porporato. E anche sull’aiuto dato dalla Chiese: “Diocesi, parrocchie, comunità religiose, sacerdoti e laici sul territorio si sono fatti carico di vecchi e nuovi bisogni, a partire da chi si è ritrovato senza lavoro e alle prese con gravi difficoltà economiche, esposto a un’incertezza lacerante.

Le nostre Chiese hanno messo a disposizione un numero incredibile di strutture, vuoi per l’accoglienza di medici e infermieri, piuttosto che di persone senza fissa dimora, vuoi per spazi e ambienti ora destinati all’attività scolastica pubblica; attività – quella didattica ed educativa – che rimane tra le più colpite dalle conseguenze della crisi”.

E poi ci sono state la iniziative a distanza per sostenere “la solitudine degli anziani e la situazione inedita delle famiglie”. E la condivisione si è spinta anche ai “sentimenti di smarrimento e dolore, di disagio e preoccupazione, forse anche di risentimento”

Memoria sofferta

Il porporato non ha omesso di ricordare anche quanti "in questa emergenza sono costretti a pagare il prezzo più alto a causa di ingiustizie e disuguaglianze sociali, fino a ritrovarsi discriminati nella stessa possibilità di accesso alle cure, derubati della loro dignità dall’indifferenza del mondo. Indifferenza, sufficienza e arroganza che hanno avuto il loro peso nel condurre un atteggiamento aggressivo e predatorio nei confronti dell’ambiente". Allo stesso tempo il suo pensiero ha stigmatizzato "abusi e derive individualistiche".

Annuncio liberante

Il cardinale ricorda l’esempio degli Atti degli Apostoli, con la prima comunità che di fronte al pericolo si raccoglie in preghiera. Nella prova infatti è richiesto di “proclamare con tutta franchezza la Parola”. Di qui la necessità di un “annuncio essenziale, radicato nel Crocifisso Risorto, che rimane l’unica vera novità che abbiamo da offrire al Paese; un annuncio lontano dalla tentazione di ridurre il Cristianesimo a una serie di princìpi, a una morale o a uno spiritualismo disincarnato; un annuncio che muove da un ascolto paziente, fino a lasciarsi interrogare e coinvolgere a fondo da quello che accade, sviluppando in noi un’umile comprensione e una solidale compassione per le persone ferite; un annuncio che rende liberi, perché introduce alla verità e narra la fedeltà di Dio anche in questo scenario; un annuncio che risponde a responsabilità educative, passa dalla celebrazione dei sacramenti e si concretizza in stili di vita e in segni visibili di servizio, di carità e giustizia, che ridonano speranza e rendono fraterna l’esistenza”.

A tal proposito Bassetti sottolinea che “a indebolirci non sono mai state le prove, ma le nostre tiepidezze e infedeltà, la mondanità spirituale che ci allontana da una vita evangelica di povertà e di disponibilità, portandoci a pascere noi stessi invece di quanti ci sono affidati”.

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