venerdì 18 gennaio 2019
100 anni fa l’appello ai "Liberi e forti" di don Luigi Sturzo. Il suo esempio: "Risuona nell'animo di quanti hanno a cuore le sorti del Paese, ancora una volta lacerato e diviso"
Bassetti: Italia ritrovi «via della concordia e della fraternità»
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Nella basilica dedicata ai Santi dodici Apostoli a Roma cristiana che "ha conosciuto infatti la preghiera nascosta, e non per questo meno intensa, di un gruppo di credenti, guidati dal sacerdote siciliano don Luigi Sturzo, mentre intendevano mettersi all’opera per offrire il loro servizio politico all’Italia del primo dopoguerra lacerata da divisioni ideologiche, economiche e sociali" il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha celebrato la Messa nel centenario di questo episodio, passato alla storia come l’appello ai «Liberi e forti», e nel 60° anniversario della morte di don Sturzo.

IL TESTO INTEGRALE DELL'OMELIA

Al centro del Vangelo odierno la guarigione del paralitico: "Uno dei miracoli più importanti dell’attività di Gesù in Galilea - ha ricordato il porporato nell'omelia -, perché non soltanto comporta la guarigione da una situazione incurabile, ma anche, e soprattutto, la liberazione da quella che si può descrivere ugualmente come una forma di paralisi: la condizione che viene dal peccato". "Il Medico dell’umanità, il Salvatore, guarisce congiuntamente corpo e anima". Un altro passaggio del Vangelo di Marco viene sottolineato dall'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve per mettere in luce che "Gesù è tornato in città e non è rimasto fuori dal luogo abituale in cui gli uomini vivono!" e dunque "vi abbia anche in un certo modo esercitato un ruolo civile, che certamente si esprimeva attraverso l’interessamento per la vita di quella povera gente, che viveva principalmente grazie alla pesca e ai commerci".
"È questo il passo - ha proseguito il cardinale Bassetti nella sua riflessione - che ci permette di ritenere ancora attuale l’Appello di don Luigi Sturzo ai liberi e forti. Un messaggio che ci permette di cogliere in tutta la sua portata il valore storico-sociale dell’opera di don Sturzo, un uomo che, dall’esperienza concreta del suo vissuto di sacerdote, ebbe l’intuizione di chiamare a raccolta i cattolici liberi dalle pastoie e dagli interessi di parte e forti nello spirito, per offrire un servizio all’intero paese, lacerato da lotte sociali talora strumentalizzate da logiche di potere e da visioni contrastanti, sullo sfondo di uno scenario economico-sociale devastato dalla guerra e da povertà diffusa".


Fu in questa chiesa che, alla vigilia del famoso appello, il servo di Dio don Luigi Sturzo, con il manipolo di seguaci, si ritrovò a pregare per mettere tutto nelle mani di Dio, alla cui luce ogni umano impegno trova forza e vigore.
"Da quella nascosta preghiera dinanzi al Santissimo Sacramento scaturì una storia di impegno e dedizione alla causa del bene comune che tutti ben conosciamo e che ancor oggi richiama il nostro interesse e la nostra ammirazione. Sturzo concepì la sua attività sociale e politica come esigenza e manifestazione dell’amore cristiano: non valore astratto, ma principio ispiratore dell’azione concreta che porta ad impegnarsi per cambiare le sorti di questo mondo, specialmente riguardo ai più bisognosi. L’amore di Sturzo per i poveri non è infatti un epidermico sentimento di filantropia, né è dettato da un superficiale sentimentalismo, ma è un fatto consapevolmente cristiano fondato sulla fratellanza comune per la divina paternità".
L’impegno politico diventa dovere morale e atto d’amore e oggi, a distanza di cento anni, ha ricordato il presidente della Cei, "questo appello risuona nell'animo di quanti hanno a cuore le sorti del Paese, ancora una volta lacerato e diviso; risuona nell’animo di quanti sentono quella spinta ideale che vede nella difesa della vita e nella promozione umana il motivo di fondo di ogni impegno sociale".
"Siamo di fronte alla storia di un uomo, di un sacerdote che ha percorso la strada della santità e dell’impegno cristiano attraverso un particolare impegno pubblico; egli lo ha fatto per amore del Cristo che ha scorto sofferente nei suoi concittadini nudi e affamati, lo ha fatto per amore della Chiesa, nella compagine laicale del suo tempo fortemente divisa e in conflitto; lo ha fatto per il suo amato Paese, che vedeva preda delle fazioni più estreme, nell’oscuramento dei valori della dignità umana e del progresso civile - così ha concluso il cardinale Bassetti -. Ricordando quell’ora intensa di preghiera, qui in questa insigne basilica chiediamo anche noi quest’oggi al Signore che volga il suo sguardo di amore e di misericordia sulla sua Chiesa e su tutta la società civile italiana perché possa ritrovare la via della concordia e della fraternità, e ogni uomo e ogni donna di questo Paese possa sempre veder riconosciuti i propri diritti nella solidarietà e nella giustizia".

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