La celebrazione dei Primi Vespri in Santa Maria degli Angeli ad Assisi - Siciliani
L'Italia e il mondo sofferente per la pandemia e la guerra nell’abbraccio di san Francesco. Lì dove, vicino alla sua Porziuncola, all’imbrunire del 3 ottobre 1226 egli passò dalla terra al cielo, si ritrovano dopo 796 anni i vescovi italiani, guidati dal cardinale presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, per i Vespri solenni del Transito del santo patrono della Penisola. E nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, gremita di fedeli, passa l’immagine dei tanti “transiti” solitari di questo nostro tempo. Monsignor Carlo Redaelli al momento dell’omelia si fa voce di chi non ha potuto morire circondato dall’affetto dei propri cari. «Penso che Maria non abbia abbandonato chi moriva solo in ospedale, come sicuramente è presente accanto a chi muore a causa della guerra, del terrorismo, dei naufragi nel Mediterraneo, delle calamità naturali. E con Maria gli angeli, i santi, le sante, sicuramente san Francesco, sono vicini a chi muore».
È infatti l’arcivescovo di Gorizia e presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute a presiedere il rito che di fatto apre la due giorni delle celebrazioni e che avrà il suo culmine questa mattina alle 10 con la Messa nella Basilica Superiore di Assisi, durante la quale sarà il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a nome di tutti gli italiani, ad accendere la lampada votiva dei comuni d’Italia e a rivolgere un messaggio al Paese. Un momento eccezionale, quello di quest’anno, pur nell’ambito di una tradizione ormai consolidata. Sarà infatti l’Italia intera, e non una singola regione come di solito accade, a offrire l’olio per la lampada. Una manifestazione di gratitudine per quanti si sono prodigati nel far fronte alla pandemia mettendo la propria vita al servizio degli altri.
Monsignor Redaelli eleva il grazie dei vescovi e della Chiesa in Italia a tutti coloro, in primis gli operatori sanitari, che a rischio della propria vita, sono stati vicini a chi era gravemente malato. E al momento della preghiera dei fedeli si prega per loro, oltre che per l’Italia, «perché sappia vivere e riaffermare i valori della fede e possa diventare al mondo esempio di vita cristiana, nella integrità della famiglia e dei costumi, nella carità e nella giustizia».
La giornata si era aperta con la consegna del premio Frate Jacopa 2022 a Elisabetta Elio di Verona, per l’instancabile cura e prossimità nei confronti degli anziani durante il Covid. Poi nel primo pomeriggio una delegazione si era recata ad Assisi, dove l’arcivescovo-vescovo Domenico Sorrentino, aveva guidato gli ospiti lungo il percorso degli scavi che testimoniano i rapporti di san Francesco con i vescovi della sua vita. Dal momento della Spoliazione, negli ambienti che ormai costituiscono l’omonimo santuario, alla cosiddetta “porta di Francesco”, recentemente ritrovata, che il poverello attraversò poche settimane prima della morte per recarsi alla Porziuncola. Già gravemente infermo, infatti, Francesco sostò uno o due mesi nell’episcopio dell’epoca. E proprio a quella porta, un bell’arco in pietra che costituiva l’ingresso dell’episcopio, i fedeli venivano a chiedere notizie della sua salute. «Molti si stupivano - ha ricordato monsignor Sorrentino - di sentir cantare, mentre le condizioni del Poverello peggioravano. E a frate Elia che gli riferiva il dubbio della gente (“come è possibile che uno sicuro a morire dimostra tanta letizia?”) Francesco rispose: “Fratello, lascia che io goda nel Signore in mezzo ai miei dolori, perché con la grazia dello Spirito Santo, sono così strettamemte unito al mio Signore che, per sua misericordia, posso ben gioire nell’Altissimo"». Dunque, ha concluso monsignor Sorrentino, «Francesco ci insegna che si può andare incontro alla morte anche cantando».
Non era mancato poi il pensiero alla guerra in atto, prima della benedizione finale del cardinale Zuppi (accompagnato dal vicepresidente della Cei, monsignor Francesco Savino, e dal vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cibgoli-Treia, Nazzareno Marconi). «In questo episcopio – aveva ricordato Sorrentino – san Francesco fece riconciliare, il vescovo e il podestà di Assisi, in guerra tra loro. Sarebbe bello che Putin e Zelensky potessero riconciliarsi oggi come quei due». Un auspicio al quale non è possibile non unirsi.