Nel terzo capitolo in maniera sintetica illustra la vocazione alla famiglia secondo il Vangelo così come è stata recepita dalla Chiesa nel tempo, soprattutto sul tema della indissolubilità, della sacramentalità del matrimonio, della trasmissione della vita e della educazione dei figli, dalla Gaudium et spes del Vaticano II, alla Familiaris consortio di Giovanni Paolo II. E citando spiega spiega che «i pastori per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni» e mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione» (AL 79).
L’amore quotidiano
Con una esegesi puntuale, ispirata e poetica dell’Inno alla carità di San Paolo – che non ha paragone in precedenti documenti papali – il Papa descrive l’amore umano in termini concreti, con introspezione psicologica consapevole della quotidianità dell’amore che è nemica di ogni idealismo: «Non si deve gettare sopra due persone limitate – scrive – il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio”» (AL 122). Così il quinto capitolo è tutto concentrato sulla fecondità e la generatività dell’amore. Si parla in maniera spiritualmente e psicologicamente profonda dell’egoismo e dell’individualismo, dell’accogliere una nuova vita, dell’attesa della gravidanza, dell’amore di madre e di padre, dei padri assenti, delle relazione tra fratelli e con gli anziani, parenti e amici come fattori di crescita e quindi della famiglia allargata, dell’adozione, del contributo delle famiglie a promuovere una “cultura dell’incontro” e dei doveri sociali. «La famiglia non deve pensare sé stessa come un recinto chiamato a proteggersi dalla società… ma esce da sé nella ricerca solidale» (AL181). «Diventa luogo di integrazione…nessuna famiglia può essere feconda se si concepisce come troppo differente o “separata”» (AL182).
Famiglie «soggetti attivi» della pastorale
Il sesto capitolo dell'esortazione è dedicato alle prospettive pastorali. Francesco chiede «una conversione missionaria» di tutta la Chiesa, perché non ci si fermi a «un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone». La pastorale familiare «deve far sperimentare che il Vangelo della famiglia è risposta alle attese più profonde della persona umana» e insiste sulla necessità di una maggiore formazione interdisciplinare e non soltanto dottrinale dei seminaristi per trattare i problemi complessi delle famiglie oggi. Il Papa insiste sul tema del guidare i fidanzati nel cammino di preparazione al matrimonio, dell’accompagnare gli sposi nei primi anni della vita matrimoniale. Si parla anche dei matrimoni misti e di quelli con disparità di culto, e della situazione delle famiglie che hanno al loro interno persone con tendenza omosessuale, dell’accompagnamento delle famiglie colpite da un lutto, delle persone abbandonate, separate o divorziate e si sottolinea l’importanza della recente riforma dei procedimenti per il riconoscimento dei casi di nullità matrimoniale.
Si analizzano alcune cause di crisi, tra cui una maturazione affettiva ritardata (AL 239) ed afferma che con un «aiuto adeguato e con l’azione di riconciliazione della grazia una grande percentuale di crisi matrimoniali» si possono superare. «Saper perdonare e sentirsi perdonati è un’esperienza fondamentale nella vita familiare».
I figli: come educare
Particolare attenzione è dedicata ai figli e alla loro educazione nel settimo capitolo: la loro formazione, il paziente realismo, l’educazione sessuale, la trasmissione della fede, e più in generale la vita familiare come contesto educativo. Francesco afferma che «l’ossessione non è educativa, e non si può avere un controllo di tutte le situazioni in cui un figlio potrebbe trovarsi a passare… Se un genitore è ossessionato di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di dominare il suo spazio. In questo modo non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le sfide. Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con molto amore, processi di maturazione della sua libertà, di preparazione, di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica autonomia» (AL 261). La formazione morale dovrebbe realizzarsi «in modo induttivo», così che «il figlio possa arrivare a scoprire da sé l’importanza di determinati valori, principi e norme, invece di imporgliele come verità indiscutibili». Nell’epoca attuale, «a rischio autismo tecnologico» che espone alla manipolazione, «in cui regnano l’ansietà e la fretta tecnologica, compito importante delle famiglie è educare anche alla capacità di attendere. Non si tratta di proibire ai ragazzi di giocare con i dispositivi elettronici, «ma di trovare il modo di generare in loro la capacità di differenziare le diverse logiche e di non applicare la velocità digitale a ogni ambito della vita».
Ai genitori separati Francesco chiede di «mai, mai, mai prendere il figlio come ostaggio! I figli non siano quelli che portano il peso di questa separazione, non siano usati come ostaggi contro l’altro coniuge, crescano sentendo che la mamma parla bene del papà, benché non siano insieme, e che il papà parla bene della mamma».
Integrazione e distinzione caso per caso
Alle situazioni «irregolari» sono dedicati i paragrafi 296-312 dell'ottavo capitolo che contiene tre parole chiave: «accompagnare», «discernere» e «integrare». Non viene mai nominata l'ammissione all'Eucaristia nel testo, anche se in una nota si fa riferimento ai «sacramenti». Si spiega che non sono possibili regole canoniche generali, valide per tutti: la via da seguire non è quella della casuistica ma è quella del discernimento caso per caso. Il Papa osserva: «Sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione” (AL 296). E continua: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia ‘immeritata, incondizionata e gratuita’”(AL 297). Ancora: “I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale” (AL 298). In questa linea, accogliendo le osservazioni di molti Padri sinodali, il Papa afferma che “i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni forma di scandalo”. “La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali ... Essi non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa.
Le leggi morali non sono pietre. Un pastore «non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone». Sulla “logica della misericordia pastorale” Papa Francesco dice con chiarezza: «A volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio. Poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il Vangelo» (AL 311). «Invito i pastori - conclude il Papa - ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone».
La logica dell’amore incondizionato
«Nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare. Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante» afferma Francesco nel paragrafo finale. «Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (AL 325).