giovedì 27 aprile 2017
Truffelli, presidente di Azione Cattolica: al servizio della Chiesa e dell'Italia
L’Azione Cattolica italiana in una precedente udienza da papa Francesco

L’Azione Cattolica italiana in una precedente udienza da papa Francesco

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Incontriamo Matteo Truffelli, professore di Storia delle dottrine politiche all’Università di Parma e presidente nazionale di Azione cattolica uscente - ma rieleggibile -, alla vigilia di una serie di appuntamenti di grande rilievo per l’Associazione che proprio quest’anno celebra i suoi primi 150 anni.

Presidente, domani (oggi per chi legge. ndr) inizia il Congresso internazionale sull’Azione Cattolica in cui è previsto un intervento del Papa. Qual è la valenza di questo incontro?

È l’occasione di confronto e di riflessione, e quindi anche di rilancio, di tutte le 'Azioni cattoliche' che ci sono nel mondo. L’evento si svolge in Vaticano, nell’Aula del Sinodo, e questo è già significativo in sé. Il Forum è un momento che serve a capire come l’Azione cattolica di oggi può mettersi al servizio della Chiesa universale. Lo faremo confrontando le diverse esperienze e soprattutto ascoltando le parole di papa Francesco per cogliere le attesa della Chiesa nei nostri confronti.


Qual è il ruolo dell’Azione cattolica italiana (Aci) all’interno del Forum internazionale di Ac?

L’Aci è, per così dire, la primogenita e quindi rimane un punto di riferimento per tutte le altre 'sorelle'. Siamo l’Associazione originaria, e tra le più consistenti. Però il Fiac è un coordinamento internazionale, in cui tra l’altro sia il presidente che l’assistente sono - per coincidenza - entrambi argentini. L’Aci si spende dentro questo coordinamento perché gli altri guardano a noi, ma anche per- ché trova in esso l’occasione per respirare con i polmoni della Chiesa universale, e questo ci fa bene.

Venerdì poi inizia la XVI Assemblea nazionale sul tema 'Fare nuove tutte le cose. Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale'.

È un momento di discernimento, che si declina poi in un concreto esercizio democratico, ma che è soprattutto un momento di confronto, di lettura della realtà nella quale siamo, alla luce della Parola e delle sensibilità ed esperienze portate dalle presidenze diocesane di tutto il Paese. Il tutto per capire il nostro tempo, per capire il nostro Paese, e per cercare di capire quindi cosa l’Aci di oggi può fare per mettersi al servizio della Chiesa, del Paese, della vita concreta delle persone e delle comunità.

L’Assemblea avrà un momento forte nel grande Incontro- festa con Papa Francesco di domenica in piazza San Pietro. Quindi nel giro di pochi giorni il Pontefice ospiterà per due volte l’Ac. Nel mezzo è incastonato il viaggio apostolico in Egitto...

Questo viaggio dà davvero un di più a questi eventi associativi. Ascoltarlo e salutarlo prima che parta ed accoglierlo al ritorno darà il tono di fondo ai nostri appuntamenti. Lo accompagneremo nella preghiera, ma ci sentiremo anche continuamente sollecitati a tenere lo sguardo e l’attenzione a quello che il Pontefice va a fare in Egitto: ad aprire spiragli di speranza per il nostro mondo, a ridire con i fatti che la fede autentica è sempre costruttrice di pace e che solo quella 'impazzita' degenera in odio e violenza, a ribadire che ciascuno è chiamato a condividere la condizione di chi soffre e ha paura. Tutti noi ci sentiamo chiamati a fare lo stesso nella nostra quotidianità.

Presidente onorario dell’Assemblea sarà Paul Bhatti, fratello del ministro pakistano Shahbaz ucciso dai fondamentalisti islamici.

Anche questo servirà a farci cogliere la complessità del contesto mondiale nel quale siamo, e a ricordarci che vivere la fede significa mettere in gioco tutto noi stessi. Anche a rischio del martirio, come è accaduto a Shahbaz.

Tornando all’Italia, qual è la missione dell’Ac per il nostro Paese?

Aiutare la nostra Chiesa a fare quello che papa Francesco ha chiesto al Convegno ecclesiale di Firenze: prendere cioè sul serio l’Evangelii Gaudium e tradurla in concreto in ciascuna realtà locale. E questo significa di conseguenza donare al nostro Paese una comunità missionaria, che si spende per esso.

In concreto?

Credo che a noi tocchi aiutare a 'ricucire' un Paese sempre più lacerato tra i diversi nord e i diversi sud che lo dividono, tra le generazioni, tra i nati in Italia e i migranti che fuggono dalla morte, tra le zone di montagna spopolate e le metropoli sovraffollate, tra cittadini e politica. E questo attraverso una rete di relazioni e di corresponsabilità che è capace di rigenerare il tessuto slabbrato della nostra società.

Avete delle iniziative su cui puntare?

Innanzitutto ci stiamo preparando per le Settimane Sociali, perché la questione del lavoro, come luogo in cui cercare di costruire la speranza, rimane centrale per il nostro Paese. Poi siamo convintamente impegnati in una serie di alleanze. Facciamo parte di Libera, dell’Alleanza contro la povertà, aderiamo a campagne contro la tratta, contro il gioco d’azzardo. Tutte esperienze che per noi hanno un valore aggiunto nel fatto che non le facciamo da soli, ma mettendoci insieme ad altri. E credo che di questo il nostro Paese ha oggi particolarmente bisogno: cercare il terreno comune invece che scavare trincee.

Prima accennava al momento 'elettorale' che caratterizzerà l’Assemblea...

In realtà è un processo iniziato da tempo, prima a livello parrocchiale, poi diocesano e quindi regionale. All’assemblea i più di mille delegati eleggeranno il Consiglio nazionale, il quale poi voterà la Presidenza e sceglierà la terna di candidati a Presidente che verrà sottoposta alla Cei. Un esercizio autentico di democrazia, fondata sul confronto reale e su un autentico discernimento.

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