mercoledì 22 febbraio 2017
Si tratta di una società indipendente che monitorerà l’effettiva applicazione degli standard di sicurezza a 360 gradi. L’iniziativa voluta dalla Conferenza episcopale
 Un ente di controllo per la Chiesa australiana
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Si chiama «Catholic professional standards Ltd» (Cps), ovvero «Società per gli standard professionali cattolici», ed è la risposta concreta della Chiesa cattolica australiana all’esigenza di prevenire in maniera efficace i casi di abusi su minori. L’istituzione di questo ente, voluto dalla Conferenza episcopale australiana e dai superiori delle congregazioni religiose del Paese, era stata annunciata lo scorso novembre in vista della chiusura del lavoro della «Commissione reale per le risposte delle istituzioni ai casi di abusi sessuali su bambini», che dal 2013 indaga sul dramma della pedofilia e degli abusi su minori in diversi ambiti della società australiana.

E proprio in una delle udienze conclusive della Commissione nazionale tenutesi in questi giorni il direttore del «Consiglio per la verità, la giustizia e la guarigione della Chiesa cattolica», Francis Sullivan, assieme all’arcivescovo di Brisbane Mark Coleridge, ha spiegato quali saranno i compiti della Cps, che, come spiega una nota ufficiale, non entreranno in contrasto con tutti gli uffici locali che già si occupano degli «standard professionali » in ambito cattolico. Essa, infatti, si occuperà di vigilare che questi standard vengano applicati in tutti gli enti legati alla Chiesa (comunità, scuole, Seminari, parrocchie, diocesi) intervenendo laddove vi sia una carenza in questo senso.

Descrivendo il nuovo ente, in particolare, Sullivan ha sottolineato che esso rappresenta un «cambiamento epocale » che chiede un nuovo impegno da parte dei responsabili delle comunità cattoliche nel campo della protezione dei minori loro affidati attraverso i numerosi enti locali. «Catholic professional standards limited », infatti, avrà la facoltà di «name and shame» (letteralmente di «additare e far vergognare») le diocesi e gli ordini religiosi che mancano di imporre standard precisi a salvaguardia dei minori e delle persone vulnerabili pubblicando regolari rapporti. Ogni vescovo e leader religioso, infatti, dovrà firmare un contratto in cui accetta di rispettare gli standard, di essere controllato e di essere soggetto a pubblica divulgazione. Secondo Sullivan, questo meccanismo porterà la Chiesa cattolica a maggiore «responsabilità, coerenza e trasparenza pubblica» nel campo della protezione dei minori.

La Commissione nazionale ha di recente diffuso alcuni dati in vista proprio delle udienze di queste settimane, che rappresentano la fase finale del proprio lavoro. Secondo le indagini svolte tra il gennaio 1980 e il febbraio 2015 sarebbero 4.444 le persone che hanno denunciato a 93 autorità della Chiesa australiana di avere subito abusi sessuali, nell’ambito di oltre mille istituzioni e realtà differenti. Ora la Commissione si avvia a concludere le udienze dopo quattro anni di studio sul fenomeno degli abusi su minori in numerosi ambienti della società australiana, dalle associazioni giovanili come la Ymca all’Esercito della salvezza, dalle scuole fino alle forze armate australiane. Durante questo periodo è toccato al «Consiglio per la verità, la giustizia e la guarigione della Chiesa cattolica» coordinare la risposta delle diocesi australiane alle indagini della Commissione.

Ora l’eredità del Consiglio passa a un organo stabile, il Cps, che avrà una personalità giuridica propria e non dipenderà direttamente dalla Conferenza episcopale per garantirne la terzietà. Le diocesi australiane, tuttavia, sono attive da tempo nel campo della prevenzione degli abusi su minori o nella persecuzione dei casi denunciati attraverso uffici addetti sia agli standard professionali che all’accoglienza delle vittime di abusi. A Sydney ad esempio opera il «Professional standards resource group», che offre supporto anche alle altre diocesi, e il cui direttore, Michael Salmon, curò l’incontro delle vittime di abusi con Benedetto XVI durante la Gmg del 2008. Di recente la Commissione nazionale voluta dal governo australiano ha pubblicato alcuni dati circa i costi dei risarcimenti dovuti dagli enti cattolici alle vittime di abusi: dal 1980 al 2015 sarebbero stati pagati 276 milioni di dollari australiani (213 milioni di dollari americani).

A essere indennizzate sono state 3.066 vittime. La Commissione, inoltre, ha sottolineato che una delle difficoltà è legata anche alle diverse modalità con cui vengono condotti indagini e processi, indicando la necessità di un’armonizzazione in questo campo. Esigenza alla quale l’istituzione della Cps è una risposta concreta da parte della Chiesa australiana.

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