La tappa newyorkese del viaggio americano di Papa Francesco si è conclusa ieri nel tardo pomeriggio – era notte fonda in Italia – con la
messa presieduta al coperto nel Madison Square Garden. Il pontefice, accolto dall’inno pontificio cantato in inglese dal coro, ha percorso il perimetro della platea immerso in una minicar elettrica aperta. Immerso in un tifo da stadio da parte dei oltre ventimila fedeli presenti. Tifo che ovviamente si blocca al momento della celebrazione eucaristica quando subentra il dovuto raccoglimento.
Nell’omelia, applaudita più volte, Papa Francesco ha osservato come le grandi città da una parte "ci ricordano la ricchezza nascosta nel nostro mondo: la varietà di culture, tradizioni e storie". Mentre dall’altra "nascondono il volto di tanti che sembrano non avere cittadinanza o essere cittadini di seconda categoria".
Sono "gli stranieri, i loro figli (e non solo) che non ottengono la scolarizzazione, le persone prive di assistenza medica, i senzatetto, gli anziani soli". Cittadini di serie B che sono "confinati ai bordi delle nostre strade, nei nostri marciapiedi, in un anonimato assordante". E che "entrano a far parte di un paesaggio urbano che lentamente diventa naturale davanti ai nostri occhi e specialmente nel nostro cuore". Ma "sapere che Gesù continua a percorrere le vostre strade", ha aggiunto il Papa toccando il cuore dei fedeli della Grande Mela, "ci riempie di speranza". Una speranza che "ci chiama a guardare in mezzo allo smog la presenza di Dio che continua a camminare nella nostra città".
Alla fine torna il tifo da stadio quando il cardinale di New York Timothy M. Dolan con poche ma trascinanti parole ringrazia il pontefice.
Papa Francesco è arrivato al Madison Square Garden, nel cuore di Manhattan, dopo aver attraversato il Central Park, il polmone verde della Grande Mela, in papa mobile aperta. Più di 80mila i newyorkesi che si sono assiepati lungo la strada percorsa dal pontefice per poterlo vedere più da vicino, anche se le imponenti misure di sicurezza adottate hanno impedito in questo caso ogni contatto diretto.
Il pontefice proveniva dal quartiere di Harem dove aveva incontrato bambini e figli di immigrati nella scuola cattolica “Our Lady, Queen of Angels”. Con i piccoli ha pregato, scherzato e anche giocato con un touchscreen. Con tutti ha evocato la figura di una persona "che ha fatto tanto bene per gli altri", il "Pastore Martin Luther King". Egli un giorno disse: “Ho un sogno”, ha ricordato. Aggiungendo: "Sognò che tanti bambini, tante persone avrebbero avuto uguaglianza di opportunità. Sognò che tanti bambini come voi avrebbero avuto accesso all’educazione". "E’ bello avere dei sogni e poter lottare per essi. Non lo dimenticate!", ha esortato. "Cari bambini, - ha poi detto il Papa - voi avete il diritto di sognare, e mi rallegro molto che possiate trovare in questa scuola, nei vostri amici, nei vostri insegnanti l’appoggio necessario per poterlo fare". Infatti "dove ci sono sogni, dove c’è gioia, lì c’è sempre Gesù", perché "Gesù è gioia e vuole aiutarci perché questa gioia duri tutti i giorni".
Infine il Papa ha invitato tutti a recitare il Padre Nostro e ha simpaticamente assegnato un “compito”. Un "homework", ha detto abbandonando lo spagnolo usato in precedenza: "Don’t forget to pray for me!".
Questa mattina (pomeriggio in Italia) il Papa si trasferisce a Philadelphia, terza e ultima tappa del suo viaggio americano, dove presiede il momento culminante dell’VIII Incontro Mondiale delle Famiglie.