La testa del corteo - Agnese Palmucci
È partito dal Circo Massimo a Roma il corteo verso San Giovanni in Laterano per la manifestazione organizzata dal movimento delle "Transfemminist3 ingovernabili", come loro stesse si definiscono, e "Non una di meno". Sicuramente molto oltre le 10 mila presenze previste - per gli organizzattori 500 mila - oggi le persone scese in piazza in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza di genere. Una mobilitazione caratterizzata dal fucsia - su cartelli e bandane - che arriva a una settimana esatta dal ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin. «Grazie a Elena Cecchettin, ha trasformato il lutto per sua sorella in una pratica politica», hanno detto le attiviste. Ma fa già discutere, tra i politici e non solo, il palco concesso anche alle parole delle donne palestinesi, iraniane, curde, con il "movimento fucsia" che chiederà la fine della guerra in Palestina. Una posizione che per molti rischia di sviare l'attenzione dal motivo principale della manifestazione.
Un anticipo della mobilitazione c'è stata stamattina alla sede Rai di viale Mazzini, con il blitz di una decina di militanti di Non una Di Meno che hanno dipinto sul marciapiede "Nostro il dolore vostro lo share", e uno striscione con scritto "vergogna", per protestare contro la "vittimizzazione secondaria" e "violenza mediatica" di cui accusano l'azienda. Le donne sono state fermate dalle forze dell'ordine e portate in commissariato. Ma già ieri sera a Roma al grido "Mai più zitte" decine di ragazze sono entrate nei vagoni della metropolitana di Roma con minigonne, shorts e bandane fucsia. Il flash mob è stato organizzato delle studentesse di alcuni licei romani.
Marea Fucsia al Circo Massimo - ANSA
Le polemiche sulla piattaforma della manifestazione hanno portato le attiviste di Nundm a specificare: «Diamo solidarietà anche alle donne israeliane aggredite e stuprate - dichiara una delle attiviste al punto stampa - e abbiamo citato la Palestina perché è in atto una feroce aggressione alle civili e ai civili. È in atto un'occupazione da anni. E che Israele sia uno Stato di occupazione lo definisce l'Onu. La Guerra è l'espressione più alta del patriarcato. Dove lo stupro viene usato per il controllo. E questo è stato certamente fatto da Hamas, ma anche da altri eserciti. Come il nostro in Somalia». «Questa è una piazza politica. La questione della violenza è politica», spiega un'attivista: «Il nostro richiamo è "Ci vogliamo vive e libere"'. Con il femminicidio di Giulia c'è stato un clima di unità, ma non basta dire che si è contro la violenza. Non bastano misure securitarie. Servono misure serie e non cosmetiche». Slogan e striscioni contro il governo Meloni.
Anche se senza bandiere, la politica c'è. «L'indignazione e la rabbia non bastano - dice la segretaria del Pd Elly Schlein - e vogliamo fermare questa mattanza. Questa è una piazza molto bella, per Giulia e per tutte le donne uccise e che ogni giorno subiscono altre forme di violenza». E sul Medio Oriente ribadisce che «il Pd ha una posizione chiara e senza ambiguità» e «non si fa tirare in polemiche di altri. Non utilizzerei in maniera strumentale qualcosa che può intaccare l'unità della battaglia». «Condividiamo pienamente» la piattaforma della manifestazione a Roma, spiega Nicola Fratoianni di Sinistra italiana. «Saremo in tutte le piazze di Italia, io a Perugia. La lotta al patriarcato è decisiva per sconfiggere il femminicidio». In piazza anche il segretario della Cgil, Maurizio Landini e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri.
Ma c'è un fronte di politici che non è sceso in piazza perché critico sull'introduzione nella piattaforma della manifestazione contro la guerra tra Israele e Palestina. A cominciare dal segretario della Lega, che pure solidarizza con la causa: il vicepremier Matteo Salvini rivendica «la legge sul Codice Rosso, promossa dalla nostra Giulia Bongiorno». Poi aggiunge: «Purtroppo c'è chi, ancora una volta, utilizzerà le piazze di oggi mescolando temi che nulla c'entrano o, peggio, nascondendo l'orribile realtà che le donne vivono in troppi Paesi, a partire da regimi islamici come quello dell'Iran. È ancora vivo nei nostri cuori l'orrore del 7 ottobre, gli stupri delle donne israeliane ad opera dei tagliagole di Hamas». Polemico Carlo Calenda di Azione: «Strumentalizzare così un grande moto spontaneo di solidarietà e vicinanza alla causa femminista, non è giusto e non è corretto».
La premier Giorgia Meloni, che rivendica «la legge sulla violenza votata da tutte le forze politiche» perché «ci sono terreni su cui la condivisione può fare la differenza», ribadisce: «Non ci fermeremo fin quando non si fermerà» la violenza contro le donne, «qualcosa di incompatibile con il nostro presente». Oggi non è scesa in piazza, spiega, perché ha celebrato Giornata alla cerimonia a Roma ieri sera, con l'illuminazione della facciata di Palazzo Chigi.
Il corteo sfila davanti al Colosseo - ANSA
La «marea fucsia contro la violenza patriarcale» ha sfilato lungo via di San Gregorio, via Labicana, viale Manzoni per raggiungere piazza di Porta San Giovanni. «Se domani sono io, se domani non torno, sorella distruggi tutto» e «Se domani tocca a me voglio essere l'ultima» sono gli slogan dalla manifestazione. «Quest'anno le piazze sono due, una a Roma e una a Messina - dice Serena Fredda di Non una di meno - e ci saranno sicuramente i centri antiviolenza femministi».
Tra le associazioni che hanno aderito ci sono Donne in Rete contro la violenza, Casa internazionale delle donne e Differenza Donna, oltre agli studenti del Collettivo Cambiare Rotta e il Movimento Studenti Palestinesi in Italia dietro lo slogan «Finché le donne Palestinesi non saranno libere, nessuna sarà libera». «No al patriarcato, ai femminicidi e a tutte le pratiche di normalizzazione della violenza maschile», è lo slogan di Differenza Donna mentre «Quando esco voglio sentirmi libera, non coraggiosa» quello della Casa internazionale delle donne.