lunedì 26 novembre 2012
​Il vescovo di Rossano-Cariati Santo Marcianò intervistato da Radio Vaticana: «Una tragedia che avrebbe potuto essere evitata... C'è un'insicurezza reale che riguarda tutti». Non è possibile che si sottolinei «il valore della dignità di queste persone solo quando accadono questi incidenti​»​.
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I sindacati chiedono maggiore attenzione per la rete ferroviaria calabrese, dopo la tragedia che ha visto morire, sabato scorso, sei braccianti romeni. Per la Cisl calabrese, quanto avvenuto è anche “il simbolo amaro di uno stato di abbandono di una rete ferroviaria da terzo mondo su cui passano sempre meno treni”. E anche la Chiesa locale interviene.
Chi percorrere la linea jonica ha l’impressione di esser tornato 40 anni indietro. Si tratta di 470 chilometri, da Taranto a Reggio Calabria, principalmente a binario unico e con ampi tratti senza elettricità, percorsi da treni di bassa qualità. Sempre più sporadici poi i collegamenti con le grandi città del centro-nord Italia. Basti dire che tra Roma e Crotone, capoluogo di provincia, non c’è un collegamento diretto e il viaggiatore può essere costretto a cambiare treno anche due-tre volte. D’accordo il vescovo di Rossano-Cariati mons. Santo Marcianò: «Noi stiamo ancora con i treni a vapore… Non sono a vapore, sono a nafta: ma siamo lì. Tempi lunghissimi per percorrere brevi tratti… e ritengo che questa non sia una cosa onesta. L’Italia è un Paese che va considerato nella sua unità e l’unità non è e non deve essere solo politica, ma dev’essere anche geografica, nel senso che gli interventi non si possono pensare e programmare solo per una parte dell’Italia». Quella tragedia in qualche modo è anche figlia dell’insicurezza dei trasporti ferroviari in quell’area? È una tragedia che avrebbe potuto benissimo essere evitata. C’è un’insicurezza reale che riguarda non solo i passaggi a livello, o comunque le vie di accesso spesso non custodite, ma in generale riguarda tutti. Quindi, ripeto, è un problema da prendere in considerazione. Io mi auguro che questa tragedia risvegli le coscienze. Stiamo pensando di celebrare le esequie ovviamente secondo il rito greco-bizantino e lì mi riprometto di lanciare un grido che vuole essere soprattutto un appello, come dicevo, alle coscienze di tutti. Ricordiamoci che le persone che sono morte sono stranieri. Ci ricordiamo di queste persone solo per i fatti negativi di cronaca, oppure quando rimangono vittime di tragedie… Ritengo che queste persone – e il Papa lo ha sottolineato con forza il 15 gennaio scorso, in Piazza San Pietro, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato – siano persone che hanno una loro dignità. Spesso – sempre come afferma il Papa – queste persone sono considerate numeri, forza-lavoro. Non è possibile che ci si ricordi di tutto questo e si sottolinei il valore della dignità di queste persone solo quando accadono questi incidenti. Ritengo che prendere coscienza, entrare in relazione con queste realtà, che sono realtà spesso disumane – mi riferisco alle condizioni in cui spesso vivono questi nostri fratelli – credo che veramente metta in crisi coloro che debbono dare delle risposte a tali emergenze e a queste domande. E non sono solo i cittadini: è anche la comunità ecclesiale, la comunità civile. Questa è gente che viene spinta fuori dalla propria terra per cercare un’oasi di tranquillità, di pace dove poter vivere da persone civili…
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