Ansa
L’idea di avere uno strumento simile a quello usato dalle donne che subiscono violenza anche per le vittime dell’usura «può dare soluzioni rapide ed efficaci». A lanciare l’idea sulle pagine di Avvenire, lo scorso 15 dicembre, è stato il procuratore nazionale Antimafia Cafiero de Raho. «Il presupposto di fragilità e debolezza che impedisce di denunciare è analogo. Avere un percorso rapido e seguito da soggetti che operano in modo specialistico, sarebbe molto importante».
«Il “codice rosso” applicato anche ai casi di usura sarebbe davvero uno strumento utile. Ha proprio ragione il procuratore nazionale antimafia». Luigi Ferrucci, da due anni presidente della Fai, la Federazione antiracket italiana. «In particolare – spiega – perché prevede che il caso sia segnalato d’ufficio. Ed è una questione che noi abbiamo varie volte sollevato. Nel momento in cui alle forze dell’ordine risulta un caso di estorsione o usura, segnalarlo alle associazioni antiracket e antiusura potrebbe essere di aiuto alla vittima che non rimane da solo e soprattutto potrebbe aiutare per portare altri a denunciare». Ferrucci conosce bene questi drammi. Proprietario di un pub a Castel Volturno, nel 2009 ha denunciato, assieme ad altri nove imprenditori, e fatto arrestare i suoi estorsori, confermando le accuse in tribunale. L’anno successivo è nata l’associazione antiracket del grande centro casertano, costituita dai dieci che avevano denunciato e intitolata a Domenico Noviello, l’imprenditore ucciso dal clan dei Casalesi per aver detto coraggiosamente “no” alla richiesta di pizzo nel 2001, ma poi lasciato solo. Per questo Ferrucci sottolinea come «quando in una strada c’è uno che ha subito un’estorsione o l’usura e riusciamo a convincerlo a denunciare, cerchiamo sempre di portare altri del vici- nato a unirsi alla sua denuncia in modo che non rimanga da solo».
Dal vostro osservatorio l’usura è aumentata?
Sicuramente. In questo periodo di difficoltà uno dei principali ostacoli è la mancanza di liquidità, così si è costretti a rivolgersi all’usuraio. Per questo l’attenzione deve essere massima.
Cosa state facendo come Fai?
Da anni abbiamo a Napoli uno sportello antiracket e antiusura, che nel 2020 è stato potenziato grazie al progetto del Pon del Viminale. Abbiamo potuto fare più pubblicità, per far conoscere il servizio, e poi ci siamo potuti avvalere di alcune figure professionali come commercialisti e psicologi.
Con che risultati?
In questo periodo abbiamo potuto ascoltare più di cinquanta operatori economici. Sia per estorsioni che per usura. E anche qualche caso di sovraindebitamento. In genere piccoli imprenditori, alcuni che hanno dovuto chiudere l’attività. Ma anche casi di lavoratori dipendenti, famiglie. Tutte legate a questo momento pandemico.
Cosa servirebbe per convincere alla denuncia?
Quando parlo con una persona che è sotto estorsione o usura, io che ci sono passato, vorrei avere la capacità di regalargli i dieci minuti del dopo denuncia, quando hai una sensazione di liberazione. È una presa di dignità che io vorrei riuscire a trasmettere.. Quando mi dicono “ci vuole coraggio”, io risponde che è vero, ci vuole coraggio ma ci vuole altrettanto “coraggio” per una vita di sottomissione.
Questo vale anche per l’usura?
Ancor di più. L’usura è più difficile da far venire fuori perché sei andato tu a cercare l’usuraio e perché quasi sempre hai fatto qualche cosa fuori legge per pagare, come minimo evasione fiscale o fatture false. Io cerco sempre di spiegare che è bene liberarsi, con tutte le difficoltà del caso, prospettando una possibilità. Con le nostre storie diciamo che è possibile farlo e parliamo delle leggi che ci sono.
Bastano?
Sono sicuramente migliorabili. Bisogna velocizzare l’iter burocratico. Ma soprattutto la possibilità di non rimanere da soli, far capire che saranno sempre seguiti. E in questo il “codice rosso” mi sembra un’ottima strada.
C’è un collegamento tra usura e estorsione?
Non è un fatto raro. Nel momento in cui vado dall’usuraio, a maggior ragione se legato a un’organizzazione mafiosa, quando deve esigere le rate e io ho difficoltà, è chiaro che diventa un’estorsione con minacce al fine del pagamento. Può anche esserci una strategia per prendersi l’attività.
Basta la repressione?
Troppo spesso demandiamo alle forze di polizia il compito della protezione, ed è giusto, ma dimentichiamo che è la società civile che dovrebbe essere la prima a fare muro. È un modello che funziona, in più di 30 anni nessuno di noi è stato toccato. Quindi si può fare. Se continuiamo con l’aiuto di tutti, perché noi siamo un’estrema minoranza del mondo produttivo, se riusciamo a riprodurre questo modello, libereremo il Paese da questa piaga. Ne sono convinto.