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«Noi non avremmo fatto una manovra così debole, basata su previsioni di crescita sovrastimate, su privatizzazioni esistenti solo sulla carta, sul ricorso massiccio al deficit e la completa rinuncia a combattere l’evasione e rivedere la spesa. E per quanto si dicano seri e realistici, si tratta in realtà di una manovra elettoralistica: mai vista una riforma fiscale che vale solo per un anno». Antonio Misiani, responsabile economico del Pd, non si rassegna a un iter parlamentare “piatto” e annuncia la strategia dem.
Ci sarà un pacchetto di controproposte dell’opposizione?
Spero di sì, credo che possiamo lavorare insieme su tre obiettivi. Il primo, il potere d’acquisto: il salario minimo ma anche il rinvio del passaggio dalla maggior tutela al mercato libero dell’energia e del gas. Secondo obiettivo, i servizi essenziali. Una domanda: gli stessi soldi usati per dare da 10 a 20 euro al mese ai cittadini con una riforma Irpef per un solo anno, più di 4 miliardi, non sarebbe più utile metterli in tutto o in parte su sanità, scuola, trasporto pubblico, politiche abitative. A che servono 10 euro se poi per curarti devi andare da un privato? E ancora, terzo obiettivo, gli investimenti per la crescita. Il tema chiave è il Pnrr. Bisogna dare certezze ai Comuni sul finanziamento dei progetti che erano nel Piano e che il governo, sbagliando, ha stralciato. Altrimenti si bloccano opere per miliardi di euro, un disastro.
Sulla Sanità però ora ci sono 3 miliardi in più.
È un passo avanti rispetto alla Nadef, ma meno di quanto chiedevano il ministro e le Regioni. Ma soprattutto è molto meno di quanto servirebbe per mantenere la spesa sanitaria in rapporto al Pil almeno per il 2023. Di fatto, l’anno prossimo torneremo al livello di spesa pre-Covid.
Sorpreso dall’addio a quota 103?
Mi ha fatto impressione un ministro dell’Economia della Lega che smentisce in pochi secondi un armamentario di propaganda salviniana che si trascinava da anni. Le scelte della manovra però penalizzano i più deboli. Ape sociale e Opzione donna erano interventi mirati su categorie fragili e il governo li sta cancellando.
Sulla natalità l’esecutivo non ha fatto passi indietro...
Va bene tutto ciò che va nella direzione del contrasto alla denatalità. Ma parliamoci chiaro: il governo ha speso solo una parte dei 2 miliardi non usati per l’assegno unico. Quindi l’ammontare dei fondi per le politiche familiari diminuisce, non aumenta. Noi avevamo una proposta: reinvestire sull’assegno le risorse non spese. Il governo ha optato per misure spot la cui efficacia è tutta da dimostrare.
Sul salario minimo: rilancio o bandiera bianca?
Dopo aver utilizzato il Cnel per perdere tempo, Meloni ha gettato la maschera. Ha dato uno schiaffo in faccia a 3 milioni di lavoratori sottopagati. Ma la questione sociale non puoi metterla sotto il tappeto. Continueremo a combattere in Parlamento e nel Paese.
La nuova guerra farà così male all’economia tanto da costringere i partiti a unire gli sforzi?
Potrebbero esserci conseguenze negative specie sui prezzi energetici. E certamente se bisognerà aiutare famiglie e imprese faremo la nostra parte. Ma quello che accade a livello internazionale non avrà conseguenze sulla posizione che il Pd ha nel Paese, ovvero quella di netta opposizione a questo governo.