lunedì 6 novembre 2023
Il Comitato olimpico internazionale vuole solo impianti «sostenibili». Tramontata l'ipotesi di Cortina, difficile anche la soluzione di Cesana Torinese. Una gara per tornare bambini non costa nulla
Manca la pista, ma il bello del bob è la montagna

Ansa

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Non è difficile condurre un bob sulla neve. Per curvare a sinistra si deve sollevare la leva di sinistra, per curvare a destra quella di destra. Bisogna solo stare attenti a moderare l’energia, altrimenti il bob si ribalta e si finisce a ruzzolare nella neve. Per frenare, le leve vanno sollevate entrambe con decisione, puntando i piedi e inarcando la schiena se necessario.

Chiunque sia stato in montagna d’inverno da piccolo ha conosciuto e imparato questo codice di base, perché da una certa generazione in poi si è incominciato quasi sempre da un bob. Prima ci sono le palle di neve, poi il pupazzo, poi arriva il bob. Non servono maestri per imparare: si va per tentativi, scoprendo in fretta che la neve non è fredda, finché ci si muove.

I bob dei bambini sono sempre rossi. Sembrano bolidi, razzi o astronavi, possono avere un sedile rigido o imbottito, adesivi giocosi o aggressivi. Ognuno ha la sua vicenda personale: un dosso dietro casa testimone di vicende epiche, l’amico che si è stampato contro un albero, il vecchio bob ritrovato in cantina dopo anni, la gioia per una gara vinta contro tutti.

Ecco, appunto, le gare. Il bob è anche uno sport serissimo e bello, disciplina olimpica. In Italia a praticarlo sono rimasti una cinquantina di atleti: meno di venti con il bob vero e proprio, gli altri si dividono tra skeleton e slittino. Il declino della pratica è dovuto alla mancanza di impianti, ma anche alla crisi demografica della montagna: una cosa è divertirsi sulla neve, un’altra gareggiare. E per correre servono impianti costosi.

È quasi un paradosso. Il bob è uno di quegli sport con un differenziale altissimo tra la dimensione ludica e quella competitiva. Non sembrano nemmeno la stessa cosa. Per dire, il calcio, il nuoto, la pallavolo, persino lo sci o il pattinaggio, quando la sfida si fa seria, non si discostano molto dalla pratica originaria. Senza un serpentone di cemento, invece, non c’è gara di bob.

Di questo problema ce ne siamo accorti con le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. Dove si correranno le gare di bob ancora nessuno lo sa. Difficile a Cortina, con una nuova pista dal futuro incerto, più facile a St. Moritz, in Svizzera, affittando l’impianto perfettamente funzionante, o forse a Cesana Torinese, dove c’è la pista semi-abbandonata dei Giochi del 2006, anche se il Comitato Olimpico Internazionale si oppone perché vuole solo strutture che possano avere un futuro. Si tratta, ma la soluzione ancora non c’è. È un fatto di costi e di opportunità. Di questi tempi, specie parlando di montagna e di neve, la sostenibilità dovrebbe essere un criterio fondamentale, anche se si sa che dietro ogni risparmio c’è un mancato guadagno. Ma qual è il vero profitto, oggi?

In attesa di vedere come finirà possiamo immaginare un’alternativa che non è una consolazione. Organizzare comunque una gara di bob a Cortina è possibile. Basta salire in cima alla montagna innevata, chiedere al più vecchio di fare la conta per il via, poi scendere a valle col proprio bob. Rigorosamente rosso. Il primo che arriva vince l’oro. Niente secondo e terzo posto. E se non c’è neve? Si può fare una bella passeggiata.

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