Alla fine è andato tutto come previsto: al Consiglio europeo conclusosi ieri a Bruxelles Jean Claude Juncker è stato indicato contro il volere di Londra come prossimo presidente della Commissione Europea, una nomina che andrà confermata dal Parlamento Europeo il prossimo 16 luglio. Nessuna decisione sulle altre nomine – quella del futuro presidente del Consiglio Europeo, dell’Alto rappresentante per la politica estera e del presidente dell’Eurogruppo, per cui si riunirà un vertice straordinario la sera dello stesso 16 luglio, subito dopo il voto a Strasburgo. Ieri, comunque, Matteo Renzi ha fatto chiarezza su un punto: la candidatura Enrico Letta alla presidenza del Consiglio Ue è campata per aria. «Io non ho mai fatto il suo nome», ha affermato il premier. La nomina di Juncker, ha spiegato il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy, è giunta «dopo un voto formale a maggioranza qualificata. A parte la Gran Bretagna e l’Ungheria, tutti gli altri paesi hanno votato a favore». «Ho votato a nome dell’Italia per Juncker – ha sottolineato per parte sua Renzi – perché c’era un documento, non l’avrei fatto senza, e perché c’era un accordo politico tra le forze di coalizione». Il britannico David Cameron ha invece tenuto un acceso intervento nel corso della riunione. «Ho detto ai leader – riferirà egli stesso in un tweet – che potranno ritrovarsi a pentirsi». Il clima è stato però meno teso del previsto, alla fine Cameron ha accettato di approvare all’unanimità il documento Van Rompuy sull’agenda strategica per i prossimi cinque anni. E il cancelliere tedesco Angela Merkel ha espresso comprensione per i dubbi sul "metodo" di scelta del presidente. «Una volta che la nuova Commissione sarà insediata – ha detto – rivedremo l’intero processo della nomina, in modo che non vi siano malintesi». L’attenzione si sposta ora sulle altre nomine. «Se ci sono tre presidenze (al vertice delle istituzioni Ue,
ndr), e cioè Consiglio, Commissione e Bce- ha detto Renzi per spiegare perché Letta non ha chance – è difficile pensare che due presidenze spettino all’Italia», che ha già Mario Draghi alla Bce. Oltretutto sul Consiglio Europeo il Ppe ha già messo il cappello, anche se, ha detto ancora il premier, «c’è una discussione in corso tra le forze politiche europee» e toccherà a Van Rompuy sciogliere il nodo. Tra i nomi che sono girati per il Consiglio Ue figura quello del presidente lituano Dalia Grybauskaite indipendente ma di area di centro-destra, qualcuno parla anche del premier irlandese Enda Kenny. Per l’Eurogruppo si parla del ministro delle Finanze spagnolo Luis Guindos, ma anche qui la questione è tutt’altro che chiusa. Renzi però fa capire per lui la partita più importante è quella per la posizione di Alto rappresentante per la politica estera Ue, che è anche vicepresidente della Commissione Europea. «Se il presidente è popolare – ragiona il premier – è chiaro che il suo vice dovrebbe essere socialista». Pensa a Federica Mogherini? L’ipotesi di un italiano in quella posizione, spiega, «dipenderà da molti fattori: se toccherà a un socialista e se il Pse avrà il desiderio di chiedere all’Italia di proporre il nome. È un’ipotesi che ove si verificasse ci troverebbe pronti in modo molto concreto». Rimane, infine, la questione di chi sostituirà Antonio Tajani che dal primo luglio lascia la Commissione per tornare all’Europarlamento. «Ne parleremo al consiglio dei ministri di lunedì», ha spiegato Renzi. Il quale ha parlato di tre ipotesi: non nominare nessuno visto che l’attuale Commissione è in scadenza; nominare fin da ora chi poi resterà anche con Juncker (ma si dovrebbe sapere che portafoglio avrebbe l’Italia). O affidarsi per questi pochi mesi a «una personalità tecnica» (nei giorni scorsi era girato il nome dell’ex ambasciatore a Bruxelles Ferdinando Nelli Feroci).