Matteo Renzi non avrà una battaglia facile in Europa. Soprattutto Bruxelles e Berlino si aspettano dal premier da un lato le riforme strutturali che lo stesso Rottamatore ha annunciato e che per l’Ue vanno nella direzione giusta, ma al tempo stesso nessun allentamento sui conti pubblici, in particolare per quello che in Europa fa più paura: il gigantesco debito pubblico italiano arrivato a 2.089,5 miliardi di euro, intorno al 134% del Pil. Un potenziale, enorme rischio per tutta l’Eurozona e oltre, qualora i mercati dovessero perdere fiducia nell’Italia. Anche per questo Bruxelles e Germania non intendono sentir parlare di allentamenti di sorta, come ribadirà a Renzi lunedì a Berlino il cancelliere Angela Merkel. Sperare di 'rivedere' le regole, come auspica Renzi, è coraggioso. A cominciare dalle soglie del 3% del Pil per il deficit e del 60% per il debito pubblico, scolpite nel marmo visto che sono ancorate nel Trattato Ue – per cambiarlo ci vuole l’unanimità dei 28 Stati membri, 'falchi' inclusi. Oltretutto, negli anni, sorveglianza e vincoli sono semmai aumentati – con l’accordo italiano. Centrale è il cosiddetto Six Pack , in vigore dal 13 dicembre 2011, che obbliga al rispetto degli obiettivi di medio-termine, e cioè il pareggio di bilancio in termini strutturali (al netto di fattori ciclici). La normativa introduce inoltre sanzioni economiche per chi non rispetta i parametri, fino allo 0,5% del Pil. Corollario, dal 2013, è in vigore anche il Two Pack , una normativa Ue che dà alla Commissione il diritto di valutare, ed eventualmente respingere, in anticipo sull’approvazione nei Parlamenti, le Finanziarie degli Stati membri dell’Eurozona. Come se non bastasse, l’Italia ha siglato insieme ad altri 24 Stati (fuori solo Regno Unito e Repubblica Ceca) a inizio 2012 il famoso Fiscal Compact voluto dalla Merkel, che ricalca il Six Pack con l’obbligo di pareggio di bilancio in termini strutturali. Obbligo introdotto a dicembre 2012 addirittura nella Costituzione italiana. Il problema più grosso, lo dicevamo, è il debito pubblico. Il Six Pack impone l’obbligo di ridurlo in misura di un ventesimo l’anno per la parte eccedente il 60% del Pil – per l’Italia dunque un colossale 74%. Obbligo che scatterà per l’Italia dal 2016: se il percorso di riduzione del debito non dovesse essere rispettato, partirà una procedura che potrà sfociare nelle sanzioni. Il problema è che per l’Ue, viste le dimensioni dello sforzo, l’Italia deve cominciare subito a prepararsi e invece segna il passo, e per questo Bruxelles chiede per il 2014 una correzione dello 0,5% del Pil (circa 7,5 miliardi di euro) del deficit strutturale. L’idea che un disavanzo nominale del 2,6%, come previsto per il 2014, dia 'margini' dello 0,4% (quello fino al tetto del 3%) è insomma per l’Italia decisamente illusorio – visto che aumentarlo fa crescere anche quello strutturale e dunque il debito pubblico. L’unico, arduo, spiraglio è convincere l’Europa che le riforme strutturali annunciate saranno talmente efficaci da far ripartire con vigore il Pil, cruciale per il rapporto con debito e deficit. Una difficile scommessa.