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«La Carità non chiude » soprattutto per i più fragili, per chi non può restare a casa perchè una casa non ce l’ha. Lo ripetono le Caritas diocesane che abbiamo contattato, quelle del Centro-Sud più impegnate, anche attraverso il Progetto Presidio, al fianco di emarginati, sfruttati, soli, sbandati. Immigrati e italiani. L’impegno continua, pur con grandi difficoltà, ma spesso è l’unica presenza concreta. Una risposta alle preoccupazioni espresse ieri dal commissario all’emergenza, Angelo Borrelli che ha lanciato «un appello a tutte le amministrazioni per organizzare delle strutture per i senzatetto ». Le Caritas lo fanno. Mense e ostelli aperti, pur nel rispetto delle regole, e soprattutto molto ascolto e vicinanza. Con una differenza di reazione tra gli 'utenti'. «Gli italiani sono più preoccupati degli immigrati che sono abituati e ci dicono 'per noi è normale stare più attenti'».
Gaeta. «Siamo in emergenza» ci dice il direttore della Caritas di Gaeta, don Alfredo Micalusi, «soprattutto perchè gran parte dei nostri volontari sono anziani e per prudenza restano a casa». Ma l’impegno non si ferma. «Continuiamo a fare ascolto, e riusciamo ad ospitare sei senza dimora. Per altri stiamo cer- cando alternative, ma altri ancora si stanno arrangiando. Gli immigrati hanno capito più di noi. Hanno vissuto tanti drammi e hanno una forte capacità di resilienza». Purtroppo per le nuove regole si sono dovute sospendere due importanti iniziative. «Abbiamo dovuto chiudere a Fondi la scuola che seguiva 57 immigrati e bloccare il progetto formativo di inserimento al lavoro».
Aversa. Il centro di accoglienza per senza dimora sta ospitando 25 persone, 22 italiani. «Seguiamo le direttive e li teniamo tutti a casa» spiega il direttore della Caritas di Aversa, don Carmine Schiavone. Sono già ospiti da tempo. Ma ora, aggiunge il sacerdote, «con l’emergenza non fanno più dormire alla stazione e la polizia municipale li manda tutti da noi. Per fortuna abbiamo posto. Così ora ne abbiamo altri 12 che però dobbiamo tenere separati dagli altri ». Ma c’è chi apre le proprie porte. «Un B&B ci ha dato la sua disponibilità. Così ieri abbiamo portato una madre quarantenne col figlio di 19 che stavano per strada». La mensa funziona ancora, però coi pasti da asporto e con numeri un po’ ridotti. Invece di 120 persone ne arrivano una novantina. Viene però portata la spesa a casa agli anziani ed è stato attivato un numero di cellulare per le informazioni agli immigrati, anche perchè è stato necessario sospendere l’attività del Progetto Presidio.
Teggiano-Policastro. Il coronavirus non ha fermato invece gli operatori del Progetto Presidio della Caritas della diocesi di Teggiano-Policastro tra i braccianti immigrati della Piana del Sele. «I vigili di Eboli ci avevano chiesto di sospendere ma noi continuiamo – ci dice il direttore don Martino De Pasquale –. Portiamo viveri e soprattutto ascolto. Certo, ci mettiamo le mascherine ma non li possiamo abbandonare proprio ora ». Anche la mensa di Sapri per senza dimora è aperta regolarmente, gli operatori hanno mascherine e guanti, si entra a turni, si mangia in tavoli separati e dopo ogni turno si disinfetta. «La carità non si ferma – ci ripete don Martino –. I volontari non si tirano indietro ».
San Severo. «Dobbiamo per forza essere aperti. La Carità non chiude». Non ha dubbi don Andrea Pupilla, direttore della Caritas di San Severo. Così la mensa è aperta, ma coi pasti da asporto. Però, aggiunge don Andrea, «stiamo spiegando che non possono più fermarsi a chiacchierare come prima. Qui è sempre stato un punto di riferimento, ora non può più esserlo». È stato necessario sospendere l’attività del Progetto Presidio, avvertendo gli immigrati con messaggi sui cellulari in varie lingue. Ma c’è un fatto che preoccupa don Andrea. «Sono appena stato al 'gran ghetto' di Torretta Antonacci. È quello di sempre. I loro 'negozi' sono tutti aperti. Noi li abbiamo informati ma nessuno ha la mascherina».
Foggia. «Siamo aperti». Due parole secche da Giusy Di Girolamo, direttrice della Caritas di Foggia. Aperta la mensa, pasti da asporto per 70 persone al giorno. «È l’unica di Foggia». Aperta la 'Casa d’accoglienza monsignor Farina', che ospita 15 uomini e 3 donne. «Tutti portano la mascherina. E uno di loro, Victor che è sarto, ne sta cucendo a centinaia. Ce le ha chieste anche l’ospedale». In funzione anche il centro d’ascolto telefonico.
Reggio Calabria. Non ha dubbi don Nino Pangallo, direttore della Caritas di Reggio Calabria. «Se custodiamo i senza dimora custodiamo anche la salute pubblica. Se c’è una rete per i più fragili è un vantaggio per tutti». Per questo, aggiunge, «noi proviamo a coniugare le norme di salute pubblica con la prossimità». Sono così aperte le due mense, ma coi pasti d’asporto, e il dormitorio con 25 persone, metà italiani, ospitati tutto il giorno. È chiuso, invece, l’'Help center' perchè l’ambiente è troppo piccolo. «Ma dobbiamo ugualmente trovare il modo di raggiungere chi è per strada, coinvolgendo anche le parrocchie». Con una preoccupazione, «le 60 persone che vivono nei vagoni abbandonati alla stazione».
Ragusa. Garantire comunque i servizi ai senza dimora, anche se con meno operatori. È l’impegno della Caritas di Ragusa. «Lo facciamo attraverso contatti telefonici, fornendo ricariche e possibilità di collegarsi a Wi-Fi – spiega il direttore Domenico Leggio –. Per raggiungerli in altro modo, anche solo per farli sentire meno isolati». La mensa, coi pasti da asporto, ha funzionato fino a giovedì, con 100 persone al giorno. «Ma ora abbiamo dovuto sospendere perchè non possiamo garantire le distanze. Agli anziani porteremo la spesa a casa. Il problema sono i senza dimora. Non ci sono altre mense». Funziona, invece, la casa d’accoglienza per donne, ma evitando contatti di esterni e riducendo gli operatori.