Cemento vista vulcano. Non si è esitato a costruire laddove la logica e il buon senso l’avrebbero sconsigliato, né si è evitato di ricorrere a bonari, e ben tassati, condoni. Il silenzio del Vesuvio dal 1944 ha incrementato, a partire dagli anni Cinquanta, la cementificazione in tutta l’area del vulcano. Palazzine e villette, alberghi e ristoranti affondano le fondamenta sulla falda traballante del Vesuvio, gli ospedali sorgono sulle conche laviche, la vita brulica sulle vie di lava scavate nei secoli dalle eruzioni. Abusivismo cronico eppure, predicano i vulcanologi, non esiste al mondo una località a più alto rischio vulcanico considerando l’abnorme concentrazione edilizia spintasi fino a poche centinaia di metri dal cratere. Nessuna via di fuga. Ma la paura non è emozione propria di questa zona: qui a costruire sono i privati, i Comuni e lo Stato, tanto prima o poi il perdono edilizio arriva per sé e per tutti gli altri. L’abbattimento, invece, non arriva mai, perché è troppo lungo e costoso. Legambiente lo denuncia, la camorra del cemento si arricchisce. Laborioso fare anche un censimento degli edifici abusivi, 7mila, più probabile oltre i 10mila: cinque volte in più di quelli condonati negli ultimi dieci anni. Gli stessi diciotto Comuni vesuviani hanno perso il conto nonostante l’aumento della popolazione. Sopra e intorno al Vesuvio le case abusive hanno ostruito finanche le cosiddette vie di fuga individuate in caso di eruzione. Non si è vigilato, non si impedisce, non si previene. Impreparazione ed inconsapevolezza sembrano caratterizzare il rapporto con il Vesuvio e con il pericolo di un’eruzione. La Protezione civile ha preparato un piano di fu-ga nel 2005, che divide l’area vesuviana in tre zone: la rossa, immediatamente circostante il vulcano (18 Comuni e 600mila abitanti); la gialla, area che potrebbe essere interessata dalla ricaduta di ceneri e lapilli (96 Comuni delle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno e 1.100.000 abitanti); la blu, che ricade all’interno della zona gialla, ma è soggetta ad un agente di pericolosità ulteriore: corrisponde infatti alla «conca di Nola» che, per le sue caratteristiche idrogeologiche, potrebbe essere soggetta a inondazioni e alluvioni, oltre che alla ricaduta di ceneri e lapilli (14 Comuni della provincia di Napoli e 180mila abitanti). Le vie di fuga si rivelano però inadeguate, come la Statale 268, una delle strade a più alto rischio di mortalità. L’unico tentativo di decongestionare un territorio sovrapopolato è stato messo in atto cinque anni fa dalle istituzioni. Il progetto si chiamava «Vesuvia ». La Regione dava 25mila euro per acquistare casa fuori dalla zona rossa e prevedeva entro il 2013 una nuova sistemazione per 61mila persone: meno di 5mila hanno deciso di cambiare area e in 9 dei 18 Comuni la popolazione è aumentata. «Il vero dramma è che siamo senza un piano preciso – dice angosciato Ciro Borriello, sindaco di Torre del Greco, uno dei Comuni nella zona rossa –. Qui si rischia di morire tutti». Prigionieri volontari del vulcano. E gli abusi sul Vesuvio non si limitano all’edilizia, si va dallo scavo illegale di cave non autorizzate per l’asporto di sabbia, pietrisco e pietra lavica, agli sbancamenti e movimenti di terra (attività già di per sé vietata ma che spesso è il preludio di altre attività abusive) alle discariche di materiali tossici o edili (ma a Terzigno, in pieno Parco del Vesuvio c’è una discarica legale e un’altra si sta allestendo, secondo la legge anticrisi del 2008, sotto l’egida dell’allora sottosegretario all’emergenza rifiuti in Campania). Ora si cerca, per quel che è possibile, di rimediare almeno agli scempi edilizi. Lo scorso febbraio la Regione Campania e l’ente Parco Vesuvio hanno firmato un protocollo d’intesa per il contrasto all’abusivismo edilizio. L’intesa prevede un programma di demolizione ogni sei mesi. Scovare gli abusi è facile, eliminarli resta il il vero problema. La Regione ha proposto invano incentivi perché si abbandonasse la casa sul vulcano: nella metà dei Comuni della zona la popolazione alla fine è aumentata