Sorella Maria Parolin - A.Ma.
Casa Priscilla è una lunga struttura in legno, edificata su un unico piano e circondata da un grande giardino; ricorda una scuola elementare o un asilo e l’impressione è rafforzata dalla sfilza di passeggini parcheggiati sotto il portico dell’entrata. Quartiere residenziale appena fuori dal centro di Padova, molti spazi verdi, a pochi passi da Prato della Valle, dalla Basilica di Santa Giustina e da quella di Sant’Antonio.
Ma il campo d’azione di sorella Maria Parolin è la città, e la provincia, e il Veneto intero. Il telefono della sua Casa è a disposizione dei Tribunali, dei Servizi Sociali del Comuni, della Regione, e di chiunque: donne che hanno bisogno di protezione dalle violenze, ragazze-madri che si ritrovano sole, un bambino a cui serve allontanarsi per qualche ora o qualche settimana dalla propria famiglia... Sorella Maria dorme di un sonno leggero, sempre pronta, lei e gli altri operatori residenti, anche nel cuore della notte, a pronunciare il suo “sì”. Nata nel 1939 in una famiglia contadina della provincia di Vicenza, con 9 fratelli quasi tutti emigrati in Australia, sorella Maria ha sentito forte, fin da subito, la vocazione ad accogliere la vita fragile.
Sorella Maria Parolin - A.Ma.
In una mattina gelida d’inverno di parecchi decenni fa ha incontrato a una fermata di autobus la sua prima mamma. « Piangeva tutta sola, quando le ho chiesto cosa le era successo mi rispose che aveva deciso di non tornare a casa perché il marito la picchiava. Ne aveva paura - racconta seduta in una delle stanze della casa-famiglia, dove chiunque la incontra ha per lei un abbraccio, una parola tenera -. Ma non sapeva dove andare e singhiozzava alla prospettiva di dover stare per strada. Le ho lasciato il mio indirizzo, le ho detto: se vuoi vieni da me. A sera lei ha suonato il campanello. Allora vivevo in un locale sopra una scuola. Poi arrivarono le bambine: una figlia di madre tossica, un’altra figlia di genitori in forte conflitto tra loro e la terza con il padre in carcere». Da quegli inizi sorella Maria ha cambiato 5 case, man mano che le sue braccia si allargavano e la sua opera correva di bocca in bocca, in tutto il Veneto: dopo la scuola venne un antico convento, poi un appartamento, in seguito una casetta dove nel 1998 trovò rifugio anche una decina di madri sfollate dal Kosovo in guerra.
Sorella Maria in oltre 60 anni di accoglienza ha usato ogni risorsa personale, compreso lo stipendio da educatrice di scuola materna, per alimentare la sua generosità. Nel quartiere Santa Rita, dove erano situate le sue ultime due Case famiglia, ha suscitato l’impegno di generazioni di volontari: chi si occupava della raccolta di alimentari, chi degli indumenti per le mamme e i bambini, chi del doposcuola, chi ancora dei trasporti... I residenti più anziani la ricordano da sempre arrivare a Messa, la domenica, attorniata da un nugolo di bimbetti che la chiamano nonna. E gli spazi per rispondere ai bisogni delle donne in difficoltà non bastavano mai.
L’ultima sede di Casa Priscilla – dal nome della donna che insieme al marito Aquila ospitò tanti bisognosi negli anni del primo Cristianesimo – è la risposta: inaugurata un anno fa grazie a un cospicuo lascito testamentario e ad assidue raccolte fondi che hanno coinvolto tutta Padova, ha quadruplicato gli spazi disponibili. Una struttura nuova e moderna di 1.300 metri quadri, con lunghi corridoi dal pavimento colorato e stanze spaziose, che sorge laddove un tempo c’era una scuola e che oggi alloggia diverse realtà: la comunità educativa che accoglie fino a tre mamme e sei bambini in situazioni di particolare fragilità o bisognosi di protezione, la comunità familiare per l’accoglienza temporanea di 18 tra giovani donne e mamme con i loro bambini, il Centro educativo diurno per una ventina di bambini e ragazzi che dopo la scuola non possono tornare a casa e il Micronido “Il Sorriso” per 16 bambini da uno a tre anni.
È proprio a quest’ultimo che sarà devoluto il 30%, della quota dei nuovi abbonamenti ad Avvenire del mese di dicembre; serviranno a sostenere la partecipazione di uno o più bambini in condizioni di fragilità familiare alle attività educative dell’asilo per un intero anno.
Il pilastro di Casa Priscilla, che accoglie sia in totale volontariato sia su segnalazione dei servizi sociali dei Comuni e della Regione o dei Tribunali, è sempre lei, sorella Maria: a 85 anni compiuti, sovrintende con occhio materno le attività degli educatori professionali, degli addetti ai vari servizi e soprattutto dell’esercito dei volontari. Da pochi giorni a Casa Priscilla è nata la 499esima bambina che sorella Maria ha abbracciato, insieme a 232 mamme, da quando ha iniziato a offrire il suo amore alle donne più fragili. «Sento che ciascuno di loro mi è stato affidato dalla Provvidenza», dice lei, con la semplicità di una fede profonda e radicata. E racconta con orgoglio che uno dei bambini accolti nella prima Casa Priscilla oggi studia ingegneria. E la chiama ancora nonna.