mercoledì 8 maggio 2019
La procura contesta al governatore il reato di abuso d'ufficio riguardo a un incarico assegnato dalla Regione a un legale suo socio di studio a Varese.
Il governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana

Il governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana

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Si allarga l’inchiesta sulla corruzione, che nella mattina di martedì ha portato, tra la Lombardia e il Piemonte, all’arresto di 43 persone, per un totale di quasi cento persone indagate. Già perché l’iscrizione del governatore Attilio Fontana nel registro degli indagati per abuso d’ufficio avvenuta ieri - sarà ascoltato dai pm milanesi lunedì - non solo alza il livello della gravità dei fatti registrati nella regione più ricca d’Italia, ma rischia di trasformarsi - politicamente parlando - a pochi giorni dal voto europeo e amministrativo nella "Caporetto" del centrodestra.

Dall’inchiesta infatti, ne esce a pezzi Forza Italia, che ha subito la "decapitazione" dei suoi quadri politici più promettenti in Lombardia e a Milano, come appunto lo erano i due esponenti azzurri finiti agli arresti martedì: Pietro Tatarella e Fabio Altitonante. Ma anche la Lega, alla luce dell’epilogo del caso Siri, con il premier Giuseppe Conte che ha allontanato dal governo l’esponente leghista indagato, aprendo di fatto sulla "questione morale" un nuovo fronte di scontri tra Movimento Cinque Stelle e Carroccio. Salvini replica e difende senza indugio Fontana: «Sono vergognosi attacchi all’uomo, all’avvocato, a un sindaco e a un governatore la cui onestà e trasparenza non sono mai state messe in discussione».

«Mi rasserena il fatto che non sia stata accertata alcuna violazione della procedura di nomina», ha spiegato Fontana che ieri ha ricevuto un invito a comparire per lunedì prossimo per l’interrogatorio e ha precisato che risponderà «puntualmente». Su una contestazione che «nulla ha a che vedere con fenomeni di corruzione», ha aggiunto, ribadendo «che si è trattato come sempre di una procedura caratterizzata da trasparenza e da assoluta tracciabilità». Riguardo all’imparzialità, ha detto ancora, «è stato garantito l’assoluto interesse della Pubblica amministrazione nella scelta di un professionista dotato delle capacità e competenze richieste».

Nell’inchiesta coordinata dall’aggiunto Alessandra Dolci e dai pm Adriano Scudieri, Luigi Furno e Silvia Bonardi, gli inquirenti milanesi sospettano che Luca Marsico sia stato nominato tra i componenti esterni del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici di Regione Lombardia solo in quanto ex socio dello studio legale Fontana-Marsico, malgrado ci fosse stato un «avviso pubblico» di selezione del luglio scorso a cui hanno partecipato 60 candidati. Lo scorso fine settimana gli inquirenti hanno avuto il riscontro documentale dell’esistenza di quella nomina, anche perché prima avevano cercato, ma senza risultati.

Un incarico ritenuto “soluzione alternativa” per l’ex socio, dopo che lo stesso Governatore rifiutò, senza denunciare, la proposta corruttiva dell’ex coordinatore provinciale di Forza Italia a Varese Gioacchino Caianiello, il «grande burattinaio» finito in carcere martedì. Dagli atti, infatti, è emersa un’istigazione alla corruzione nei confronti di Fontana: Caianiello gli propose «lo scambio tra la nomina dell’attuale direttore generale di Afol Metropolitana Milano, Giuseppe Zingale, alla direzione generale dell’Istruzione» e «l’affidamento di incarichi onerosi da parte di Afol in favore» di Marsico, che non era stato eletto in Consiglio regionale, anche perché il cosiddetto "ras" dei voti Caianiello aveva preferito un altro candidato. Fontana, però, dopo aver avuto, stando agli atti, incontri e telefonate sulla "questione Marsico" aveva declinato la proposta, dicendo a Caianiello: «Ho voluto percorrere un’altra strada».

A partire da queste intercettazioni, i pm sono andati a cercare la delibera e hanno iscritto nel registro degli indagati Fontana già nei giorni scorsi. E in questa inchiesta della Procura di Milano su un presunto sistema di corruzione ramificato tra Lombardia e Piemonte viene nominato due volte anche il vicesegretario federale della Lega e sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Giancarlo Giorgetti, che però è estraneo all’inchiesta. A fare il suo nome è stato il politico di Forza Italia, Gioacchino Caianiello, arrestato martedì, e Diego Sozzani, il deputato azzurro per il quale i pm hanno mandato al Parlamento una richiesta di arresto.

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