Pasquale Tridico, presidente dell'Inps dallo scorso marzo (Fotogramma)
Ultimo di 7 figli, Pasquale Tridico, 44 anni, è nato a Scala Coeli (Cosenza) e cresciuto fra la Calabria e Torino. Laureato in Scienze Politiche a Roma, nel 2013 è diventato professore ordinario a Roma Tre. Consulente di Di Maio, era stato indicato dal M5s come ministro del Lavoro. Dallo scorso marzo, è presidente dell'Inps.
Pasquale Tridico ci mostra sul pc la foto di un anziano con una bambina: «Guardate, è un nonno che per la prima volta ha potuto portare la nipotina a cenare in un fast food grazie alla card del reddito di cittadinanza. Mi ha scritto commosso, e lo sono anch’io. Credo in un’Italia solidale e sono convinto che le società solidali alla lunga sono più coese e, quindi, vincenti». Tridico, uno dei padri del Reddito, da marzo scorso presidente del-l’Inps, non accetta critiche alla sua creatura. Ed è intenzionato a non fermarsi qui: è pronto a lanciare il progetto dell’'Inps per tutti', chiede più sostegno alle famiglie e, da economista «di sinistra», imputa a questa parte politica di «aver fatto politiche poco di sinistra» in campo previdenziale, nel passato.
Partiamo dal reddito di cittadinanza: come previsto, partiranno più tardi del previsto i 'patti per il lavoro' che riguardano i beneficiari. Aver voluto la partenza così presto non è stato uno sbaglio?
E perché? Anche se la fase delle politiche attive è successiva, l’obiettivo del contrasto alla povertà era immediato e prioritario e non è in contraddizione con la 'fase due'. Lo dico spesso: a un povero bisogna prima mettere una giacchetta, un vestito, è questa la prima politica attiva del lavoro.
Il bilancio è già positivo?
Sì. Solo dopo almeno 18 mesi dall’avvio si potrà fare una prima valutazione sulla misura, basandoci su due parametri: l’uscita dalla povertà e la riattivazione sul mercato del lavoro. Pertanto, a mio avviso non andrebbe modificato l’attuale assetto. Le politiche attive, invece, sono di competenza di Regioni ed Anpal, ma per la prima volta ora è stato previsto un volume importante di risorse. È una grande occasione.
Le domande inferiori alle stime non sono una riprova del grande sommerso che c’è?
C’è da sempre una differenza tra redditi dichiarati e percepiti. Può avvenire che si dichiari di meno per evitare le tasse, e questo incide anche sulle stime della povertà. Ma costoro non richiedono poi una prestazione, soprattutto in presenza di sanzioni e controlli che sono massivi e preventivi. Credo che il sistema stia funzionando bene.
Dopo la sperimentazione, Quota 100 non va confermata?
La misura deve finire lì, nel 2021, senza altri correttivi; sono d’accordo col ministro Gualtieri. Si è garantita a una fetta di pensionandi una scelta flessibile in più. Esaurita la norma, e l’aspettativa correlata, non c’è ragione di prorogarla. Si possono invece sfruttare i prossimi due anni per disegnare un assetto più flessibile delle uscite, magari intervenendo anche sulla speranza di vita, con una prospettiva di medio periodo.
Quali risparmi stima dalle due misure?
Con lo stesso tasso di espansione del 2019, fino a 2 miliardi l’anno nel 2020 e nel 2021.
Ha annunciato un Fondo per i giovani con carriere discontinue. Come funzionerà?
Mi auguro un’ampia convergenza su questo pilastro integrativo pubblico, su base volontaria, che operi a fianco alle forme complementari private, e non in concorrenza. È evidente che il tasso di adesione alla previdenza complementare non è adeguato, non si è raggiunto l’obiettivo della riforma del 1995. Inoltre il sistema complementare opera oggi in modo 'ciclico': permette a chi ha redditi medio-alti di avere pensioni anche più elevate domani. Invece io immagino un meccanismo anticiclico, rivolto a tutti. Senza andare troppo nel futuro, penso che una contribuzione di 5 o 10 anni già potrebbe consentire di vedere i primi effetti. Il Fondo avrebbe anche l’obiettivo di aumentare, con le sue risorse economiche, gli investimenti diretti nel nostro Paese, in un circuito virtuoso.
Quali sono state le maggiori pecche del passato nella gestione del sistema?
Appunto quella di aver pensato, già dalla riforma del ’95, soprattutto a chi già aveva redditi medio- altri, proprio mentre si andava introducendo la flessibilità nel lavoro. Si è creata così una generazione con prospettive molto più incerte. Erano governi sulla carta di sinistra, ma che hanno fatto politiche poco di sinistra.
Come contrastare il problema del basso tasso d’occupazione?
Dobbiamo individuarne le cause: Sud e lavoro femminile. Quindi lì vanno trovate le soluzioni: investimenti al Sud, anche pubblici, e incentivi forti alla conciliazione lavoro-famiglia. 'Quota 100', da parte sua, sta portando a una sostituzione al 100% nel pubblico, dove bisognava svecchiare. In Inps, ad esempio, abbiamo già assunto a luglio 3.504 persone.
In manovra saranno tagliate le tasse sul lavoro?
Una riduzione può essere molto utile. Tuttavia voglio ricordare che abbiamo anche i salari netti più bassi nell’Europa più avanzata, quindi è una priorità alzarli e inserire il salario minimo legale, integrato dai contratti collettivi.
Negli ultimi tempi è stata fatta confusione sulle cifre degli assegni familiari (Anf) e c’è un miliardo che va ad altre voci. Può far chiarezza?
Nel 2018 sono stati destinati agli Anf 5,27 miliardi. Sono finanziati in parte dai contributi dei datori di lavoro (per circa 2 miliardi) e in larghissima parte dallo Stato tramite la fiscalità generale, fino a un totale, tra sgravi e agevolazioni, pari a 6,6 miliardi, uno in più. La Gpt, la 'gestione prestazioni temporanee' che paga gli assegni familiari è, dunque, in avanzo, che viene usato per pagare altre prestazioni sempre a favore delle famiglie. Ma vorrei che si facesse di più.
Con l’assegno unico per i figli?
È una proposta benvenuta. La semplificazione è assolutamente positiva. La crisi demografica preoccupa, non a caso ho proposto che tutte le somme non spese per il Rdc siano destinate alle politiche a sostegno della natalità.
Il problema inverso è l’invecchiamento della popolazione.
Il futuro in materia è costituito da servizi tracciabili, comprati attraverso voucher, con albi di professionisti e servizi registrati presso istituzioni pubbliche. Ciò consentirebbe anche di sviluppare servizi di qualità e non in 'nero', senza delegare la cura a un mercato di colfe badanti dove si nasconde molta elusione e, a volte, non c’è nemmeno fiducia né qualità. Anche parte delle indennità di accompagnamento potrebbe essere resa in servizi di cura tracciabili.
Il suo predecessore, Boeri, si attirò critiche per gli interventi sull’apporto che gli immigrati possono dare al sistema previdenziale. Lei che opinione ha?
L’immigrazione irregolare favorisce lavoro nero e deflazione salariale. È un bacino di sfruttamento che va contrastato. Non c’è solo il caporalato: le stesse aziende poi spesso creano rapporti di lavoro fittizi, da cui derivano prestazioni (indennità di disoccupazione e malattie) per persone che non hanno mai visto i campi. Dobbiamo combattere tutto ciò, non a caso ho proposto di sperimentare l’uso di droni. E per questo dico che gli immigrati già presenti sul territorio vanno regolarizzati, per consentire che possano contribuire al welfare e all’economia.
Per i lavoratori della gig economy, i cosiddetti 'lavoretti', ci sarà una piattaforma Inps?
Il 'decreto 103' già estende loro alcune garanzie Inps ed Inail. Gli emendamenti di questi giorni puntano a migliorare altri aspetti, vedi le comunicazioni obbligatorie che potrebbero essere collegate a una piattaforma Inps-Inail. Penso al rilascio in tempo reale di un ' welfare ticket' con protezioni previdenziali ed assicurative.
Cosa pensa del voto ai 16enni?
Sarebbe un bel segnale. La sensibilità dei giovani su certi temi è molto utile, può orientare i policy maker. Alla base di qualsiasi realistico progetto di rinnovamento ci deve essere un’utopia che guida i sogni.
Un altro progetto nel cassetto?
Sì, il progetto 'Inps PER tutti', che presentiamo domani. Partiremo, in via sperimentale, da Roma, Milano, Napoli, Bologna, Torino e Bari. Con l’ausilio di un questionario da compilare, i potenziali beneficiari di prestazioni saranno intercettati proprio nei luoghi in cui si ritrovano: mense, stazioni e terminal. Il rapporto fra Inps e cittadini deve cambiare: è l’istituto che deve farsi parte attiva, agendo come un moltiplicatore di opportunità nello Stato sociale.
A proposito: lei è diventato presidente dell’Inps da ragazzo di Calabria di umili origini. È la prova che esiste anche un 'italian dream'?
Io mi sento figlio dello Stato sociale italiano: sono la prova che, partendo da un paesino agricolo della Calabria, con duro studio e lavoro, ma anche col sostegno dello Stato, si può arrivare prima ad essere professore universitario e poi presidente del più grande ente di sicurezza sociale, forse d’Europa. Vorrei che il modello italiano continuasse. E sono onorato di presiedere l’Inps proprio perché posso fare il lavoro più bello del mondo: aiutare le persone più in difficoltà.