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La repressione del fenomeno criminale non sarà mai sufficiente a vincere la piaga della tratta di esseri umani. Lavoro forzato e prostituzione sono gli esiti estremi di un modello economico che mette al centro il profitto invece che le persone. Alla vigilia della VII Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta - 8 febbraio festa di Giuseppina Bakhita, schiava africana divenuta Santa - suor Gabriella Bottani, ribadisce l’importanza di un cambio radicale di prospettiva. «La causa principale della tratta – dice la coordinatrice di Talitha Kum – è l’attuale modello economico neoliberista. Oltre a leggi migratorie che non tutelano i più fragili. E, per lo sfruttamento sessuale, la cul- tura maschilista del patriarcato ».
Ed è “Economia senza tratta di persone” infatti il tema della Giornata che avrà i momenti più significativi in una maratona di preghiera e nel messaggio del Papa. Motore della Giornata è Talitha Kum, la rete della vita consacrata contro la tratta di persone creata dall’Unione internazionale delle Superiore generali (Uisg), assieme alla sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero vaticano per lo Sviluppo umano integrale, Caritas Internationalis, Unione mondiale delle Organizzazioni femminili cattoliche, Movimento dei Focolari e molte altre organizzazioni. La maratona di preghiera quest’anno, causa pandemia, sarà online ma unirà tutte le realtà nel mondo impegnate contro la tratta.
Dall’Oceania alle Americhe, la maratona sarà trasmessa dalle 10 alle 17 in diretta streaming sul canale YouTube della Giornata mondiale. Alle 13.40 il messaggio video di papa Francesco. Sui social network sarà possibile sostenere la Giornata con l’hashtag ufficiale #PrayAgainstTrafficking. «Il tema che abbiamo proposto quest’anno – spiega la coordinatrice di Talitha Kum – è “Economia senza tratta di persone”, sulla scia dell’invito del Papa a celebrare l’Economy of Francesco, momenti di riflessione su modelli alternativi di economia inclusiva, rispettosa della persona e dell’ambiente. Una delle cause principali della tratta – dice suor Bottani – è proprio il modello economico neoliberista, che mette al centro il guadagno e cancella la dimensione etica». Su dieci vittime di tratta, dunque, cinque sono donne e due sono ragazze, afferma l’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine.
Nel 2018 l’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, calcolava in 150 miliardi di dollari il “fatturato” mondiale della tratta. Difficile quantificare il numero delle vittime: le Nazioni Unite nel 2008 parlavano di 2 milioni e mezzo di persone. Oggi probabilmente sono di più. «La crisi economica creata dalla pandemia – spiega suor Gabriella Bottani – ha aumentato le aree di vulnerabi-lità, tradizionalmente sfruttate dai trafficanti che trasformano il sogno di una vita migliore in incubo». L’aumento della disoccupazione ha avuto conseguenze drammatiche tra le ex-vittime della tratta: «Molte ragazze impegnate in percorsi di reinserimento nella ristorazione, negli alberghi, nella cura della persone, hanno perso il lavoro », dice la coordinatrice.
Nei paesi del Golfo «persone trafficate per lavori domestici sono state licenziate in tronco per timore di contagio. Chi era costretto a prostituirsi si è trovato di punto in bianco senza clienti. Il che non sarebbe un male – dice suor Bottani – ma senza alternative queste persone muoiono di fame». I lockdown hanno prodotto ovunque un peggioramento dello sfruttamento sessuale, «passato dalla strada a luoghi privati, oppure online, che in Centro America e Filippine ha portato a un aumento dello sfruttamento dei bambini per la pedopornografia in rete». In Italia la prostituzione, spostata nei luoghi privati, «impedisce l’approssimarsi di chi cerca di aiutare le persone prostituite». È il lavoro quotidiano e tenace di tante religiose: «La collaborazione internazionale – racconta la coordinatrice – è partita a fine anni ’90.
La Germania già nel 1985, poi Canada e Australia. Nel 2001 le Superiori maggiori italiane hanno deciso di sostenere questo movimento e nel 2009 è nata Talitha Kum. È lo Spirito che agisce nella vita della Chiesa». Oggi Talitha Kum conta 55 reti, nazionali o macro- regionali, come in Nord Africa e Centro America. «In modo fluido, seguendo l’andamento dei flussi della tratta, scambiando informazioni. E soprattutto – sottolinea la religiosa – sostenendo le vittime sopravvissute alla tratta».