L'azzardo non è un gioco - IMAGOECONOMICA
Centocinquanta miliardi di euro, e ancora non bastano! C’è un margine di “miglioramento”, già nell’anno in corso. Il record dei soldi giocati d’azzardo nel 2023 può essere superato. Per esempio, con il lancio dei nuovi “Gratta e Vinci online”, e con le scommesse a jackpot transnazionale. Lo raccomandano le commissioni parlamentari Finanze e Bilancio che hanno esaminato e quindi approvato, la scorsa settimana, il decreto legislativo per un nuovo assetto del comparto online.
Da una parte, grazie al canale digitale non ci sarà bisogno di acquistare i tagliandi delle lotterie dal tabaccaio. Un’App nello smartphone simulerà l’abrasione del cartoncino fisico. Dall’altra parte, con un consorzio di bookmakers di vari paesi si allargherà il giro delle scommesse, introducendo quelle così denominate “a liquidità condivisa”: una sorta di fondo comune tra compagnie del betting per lanciare il poker nell’area Schengen. «Oggi - hanno lamentato i concessionari - si può giocare solo tra connazionali». Cosa osta a che l’Europa della moneta unica sia seguita dall’Europa dell’azzardo senza frontiere?
Con queste due proposte aggiuntive, il Senato a maggioranza ha accettato la nuova normativa per l’azzardo “a distanza”. Niente da eccepire, invece dalla Camera dei deputati. Via libera agli articoli che trattano di Salute, dipendenze gravi, rischi per la legalità, impatto sociale ed economico. Temi sottratti ai dicasteri della Salute, del Welfare e della Famiglia. Quanto alle Regioni e ai Comuni, che in maggioranza hanno ormai sterilizzato loro stesse leggi o i regolamenti approvati dieci anni fa, si vedranno riconosciuta una quota del gettito fiscale.
Queste le conclusioni dopo la tornata di audizioni di stakeholders (leggi: società del ramo) e di poche altre voci fuori del coro, come Alea, Consulta Antiusura e “Mettiamoci in gioco”. Concluso l’iter per i pareri “non vincolanti”, si passa ora alla fase esecutiva. Quindi il governo rimetterà alla firma di Mattarella un Dpr. Sembrerebbe un’ordinaria pagina di cronache parlamentari, a Montecitorio e a Palazzo Madama. Si tratta di tutt’altro che vicende da relegare nei bollettini parlamentari.
Ecco le principali conseguenze del primo step del “riordino del gioco pubblico” (d’azzardo). Torna la pubblicità per il “gioco sicuro e responsabile”. Il grande pubblico lo avvertirà dalla ripresa di spot e messaggi vari su altri canali pubblicitari. Ed infatti, fiutando l’aria che adesso tira, il ministro dello Sport, Andrea Abodi, torna a richiedere di revocare il divieto di pubblicità alle scommesse. In attesa, per il rilancio degli spot, del definivo oblio dello scandalo dei calciatori-scommettitori. Si chiude così la parentesi che si era aperta nel 2019, quando per legge si vietò ogni forma di promozione dell’azzardo.
Si ricorrerà a un artifizio largamente praticato nel marketing commerciale. Enfatizzando la “sicurezza” di un prodotto, si spinge a consumarlo. Fu così con le light cigarettes, alle quali il ministero della Salute impose il ritiro dal commercio, ed è ora la volta delle sigarette “a tabacco surriscaldato”, propagandate come viatico per scampare ai rischi di malattie. Ma bocciate dagli organismi internazionali di ricerca sul cancro. Azzardo “sicuro” tanto quanto l’inalazione di fumi non combusti di tabacco.
Del resto, stante il decreto legislativo approvato, saranno devoluti al ministero dell’Economia e delle Finanze, i problemi seri di salute pubblica per il dilagare delle dipendenze da azzardo. Quel ministero fisserà le regole e ai concessionari delle scommesse sarà affidata la “salute del giocatore”. E per il monitoraggio? Provvederà una “Consulta dei giochi pubblici ammessi in Italia”. È stato obiettato: il dicastero alla sanità pubblica dispone già di un osservatorio sul tema. Delle due, l’una: o si sopprime l’organismo consultivo di esperti, che dal 2016 provvede a monitorare il fenomeno e a indicare le policy più appropriate; oppure si attiverà un dualismo tra Economia e Salute, con la prima che sottrae alla seconda la potestà di dettare le regole per prevenire e trattare i danni sanitari.
A nulla è valso il richiamo di una evidenza epidemiologica incontrovertibile. Nel 2018 l’Istituto superiore di sanità aveva rilevato che presentava seri problemi di dipendenza ben un giocatore su quattro tra quelli che puntavano online. Sei anni dopo, è facilmente intuibile quanto tale platea si sia estesa, se nel frattempo il volume del denaro affluito nei soli canali online è passato da 34 a 85 miliardi di euro.
Un’ultima notazione. Di carattere istituzionale. Il decreto è passibile di presentare un “eccesso di delega”, laddove in un articolo, il 24, afferma che dopo l’entrata in vigore saranno abrogate tutte le “norme statali di rango primario e secondario, nonché le disposizioni statali di natura amministrativa generale” incompatibili con il decreto legislativo. Tutte le norme, dunque, quelle che riguardano la salute, le limitazioni con leggi regionali o regolamenti comunali. Cala il sipario su dieci anni di anti-azzardo. Finché non saranno sollevate obiezioni di incostituzionalità.
IL COMMENTO: LA CONGIURA DEL SILENZIO
Quel che è accaduto alle Camere, con il via libera al decreto legislativo sui giochi d’azzardo online, è davvero sconcertante. Innanzitutto per il silenzio dei mass media. Quindi, per un vuoto d’attenzione nell’opinione pubblica, a cominciare da quella particolarmente qualificata dei giuristi, di tanti opinionisti e appassionati di dispute nei talk show. Del resto non hanno battuto un colpo nemmeno i ministeri che seguono materie che incrociano quella dell’azzardo. E sono dicasteri di peso: Salute, Welfare, Famiglia, Interno. E né un sussurro si è udito dalla stessa Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Qui non si tratta di opinioni, ma di evidenze incontrovertibili: il business dell’azzardo ricava l’80 per cento degli utili dalle persone con dipendenza grave, coinvolge migliaia di minori, scatena conflitti e sofferenze nelle famiglie (compreso qualche femminicidio), getta migliaia di persone nello stato di esclusione sociale.
Tutta le congerie di scommesse, lotterie, slot machine, casinò digitali ecc. in Italia coinvolge 20 milioni di adulti e oltre 700mila minorenni, un quarto dei quali in condizioni molto problematiche di dipendenza. Eppure, se si esclude “Avvenire”, neanche una riga per dare la notizia è uscita sulle grandi testate nazionali. Elegantemente, vicende di cotanto volume non sfiorano i palinsesti della informazione radiotelevisiva.
Gli elementi per un interesse, almeno giornalistico, ci sono tutti: fenomeno imponente, dalla movimentazione di 150 miliardi di euro puntati e scommessi. Esperienza quotidiana di milioni di cittadini, riflessi sul costume, sulle abitudini, su tanti aspetti della vita quotidiana nelle città. Nulla. Il rilievo mediatico, anche solo come “notizia”, è stato completamente obliterato. E allora torniamo a svolgere la funzione di servizio di questo giornale, che spezza la congiura del silenzio ed informa su cosa sta accadendo.