Un frame dell'aggressione a Ventimiglia il 9 maggio
Era in attesa di essere rimpatriato, Musa Baide, 23 anni, originario della Guinea. Ma non ce l’ha fatta, non riusciva a superare la sua condizione dopo quel terribile pestaggio, a Ventimiglia, due settimane fa. Si è tolto la vita domenica notte nel Cpr di corso Brunelleschi a Torino.
Si trovava in isolamento per motivi sanitari e si è impiccato usando le lenzuola in dotazione nella sua camera. Il 23enne era a Torino dopo che aveva subito una aggressione a Ventimiglia lo scorso 9 maggio da 3 persone subito identificate e denunciate alla polizia. La polizia di Imperia ci aveva messo meno di 24 ore a individuare le tre persone che lo avevano aggredito e picchiato a bastonate. Meno di 24 ore per raccogliere le testimonianze, per guardare i filmati del circuito di sorveglianza del supermercato e della caserma della Polizia di Frontiera e per identificare e andare a prendere i tre che, nel video amatoriale rimbalzato su centinaia di profili Facebook e altri social, prendevano a bastonate il ragazzo. I tre sono tre italiani, due siciliani originari di Agrigento, di 28 e 39 anni, e uno di 44 anni, originario di Palmi (Reggio Calabria) tutti domiciliati a Ventimiglia.
Per quelle bastonate, per quei cazzotti in testa e in faccia, per quei calci all'addome inflitti quando il ragazzo era già a terra sono stati denunciati a piede libero per rispondere del reato di lesioni aggravate.
Il ragazzo, che era irregolare sul territorio nazionale e che era già stato espulso dall'Italia, avrebbe tentato di rubare il telefono cellulare a uno dei tre all'interno di un supermercato che si trova nella zona dell'aggressione. Ma altri testimoni raccontano di lui che chiedeva l'elemosina. La reazione non si è fatta attendere: prima i tre hanno affrontato il ragazzo a male parole poi l'hanno seguito e, raccolti un paio di tubi di plastica dura, lo hanno messo con le spalle al muro e hanno cominciato a picchiarlo. In tanti, sentendo le urla, si sono affacciati dai balconi e alle finestre urlando di lasciar stare il ragazzo ma i tre, nonostante il giovane fosse già a terra e non riuscisse a reagire in alcun modo, hanno continuato senza che nessuno li fermasse.
Musa Baide era stato portato in ospedale a Bordighera e dimesso con prognosi di 10 giorni per lesioni e trauma facciale: si sarebbe dovuto nuovamente procedere all'espulsione, ma il suo gesto ha posto fine alla sua difficile vita. La procura di Torino ha avviato degli accertamenti sul caso.
L’arcivescovo di Torino: dobbiamo farli sentire accolti e sostenuti
"È un segno molto doloroso. Ho deciso di fare una preghiera particolare per questo fratello. La faremo con la Comunità di Sant'Egidio lunedì prossimo. Vogliamo suscitare in tutta la città una presa di coscienza dell'impegno che serve per far sì che queste persone si trovino nella condizione di non arrivare a questo punto. Se ci arrivano vuol dire che sono veramente disperate, è evidente. Dobbiamo dare loro la possibilità di sentirsi accolte e sostenute", ha dichiarato l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia.
L’accusa del garante: non è stato seguito in modo corretto
Il migrante suicida al Cpr di Torino non è stato seguito come la sua situazione richiedeva. Lo sostiene Mauro Palma, garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. "Una persona affidata alla responsabilità pubblica – dice Palma - deve essere presa in carico e trattenuta nei modi che tengano conto della sua specifica situazione, dell'eventuale vulnerabilità e della sua fragilità. Questo non è avvenuto"."A quanto mi risulta su Moussa non è stato attivato nessun sostegno di natura psicologica" ha aggiunto Gian Luca Vitale, l'avvocato che seguiva il caso del giovane.