Ansa
Acquistò un quadro all’asta, ora dovrà difendersi in un processo per reati fiscali. La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per l'ex sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi. La vicenda, per cui i magistrati di piazzale Clodio avevano chiuso le indagini lo scorso novembre, è relativa a un presunto mancato pagamento di un debito con l'Agenzia delle Entrate di 715mila euro. Viene contestata la violazione dell'articolo 11 della legge sui reati tributari sulla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
La richiesta di processo però viene giudicata «inspiegabile» da Sgarbi. «Verrà dagli avvocati motivato attraverso la contraddizione profonda di un magistrato che pensa che io, che contemporaneamente compravo opere d'arte per me, -commenta il parlamentare - dovessi usare la mia fidanzata per un quadro che invece era suo, è stato regalato a lei. Mi pare legittimo regalare le cose. Ormai siamo nello stato talmente privo di principi che si ritiene che se uno compra un quadro deve essere per forza una persona che lo vuole. E invece può essere un dono, ed è stato un dono».
Anche per il difensore di Sgarbi, Giampaolo Cicconi, la richiesta dei pm «risulta infondata e priva di pregio. La condotta fraudolenta contestata è sconfessata dai fatti, considerato che egli sta (e all'epoca del fatto stava) assolvendo al pagamento delle imposte attraverso il saldo delle rate delle rottamazioni-ter e quater».
La vicenda
La questione da cui è nata l'inchiesta risale all'ottobre del 2020 e ruota attorno all'acquisto all'asta di un quadro di Vittorio Zecchin, "Il giardino delle fate", in cui sarebbe figurata come acquirente la compagna Sabrina Colle e sarebbe stato usato il denaro di una terza persona per evitare che il fisco potesse sequestrare l'opera.
Sgarbi, lo scorso ottobre, quando era stata data la notizia dell’inchiesta, aveva spiegato che si trattava di «sequela di bugie» che procurano «un grave danno reputazionale mio e di tutti gli altri soggetti citati, accomunandoli a ipotesi di reato che, in quanto fondate su presupposti falsi, configurano una grave calunnia per la quale, adesso, si renderà necessaria anche una denuncia alla Procura della Repubblica». Poco dopo però il critico d’arte comunicò agli inquirenti di voler saldare i conti in sospeso con l’Agenzia delle entrate.