In Senato l'opposizione è dura, punta su un mare di emendamenti. Anzi, una montagna, impossibile da scalare in tempi rapidi per arrivare alla riforma del Senato. E così, alla fine, sulle riforme scatta la "tagliola". Tutto dovrà essere concluso entro l'8 agosto.
L'opposizione insorge e va in corteo al Quirinale, dove i capigruppo di 5 Stelle, Lega e Sel vengono ricevuti non da Napolitano, ma dal Segretario generale Marra.
Il premier Matteo Renzi, però, tira dritto, "piaccia o non
piaccia le riforme le faremo". È l'epilogo di una giornata convulsa,
iniziata questa mattina con il protrarsi dell'ostruzionismo in Aula
al Senato, l'immagine plastica dell'impantanamento del ddl Boschi e
il rischio che il primo via libera alle riforme slitti a settembre.
Dopo un nuovo tentativo di mediazione con le opposizioni (solo Sel è
autrice di circa 6mila emendamenti sui 7.800 totali), tuttavia, il
governo detta la linea dura e si va allo scontro.
In Conferenza dei capigruppo a spiegare le intenzioni di palazzo
Chigi è il ministro Maria Elena Boschi: nessun rinvio a settembre,
"noi andiamo avanti". Per poi aprire un piccolo spiraglio: "siamo
disponibili ad approfondire alcune questioni, purchè non stravolgano
l'impianto del ddl". Ovvero, è categorico il ministro, "il Senato
non elettivo non si tocca".
Ma già si diffonde la voce dell'intenzione della maggioranza di ricorrere alla 'tagliolà, ovvero il contingentamento dei tempi, sia per la discussione che per
le votazioni. L'obiettivo del premier, del resto, è di incassare il
primo via libera al ddl costituzionale prima della pausa estiva. E
così, a nulla valgono gli appelli del Pd e di Forza Italia alle
opposizioni a sfoltire l'ingente mole di emendamenti.
Dopo una
riunione tra M5S, Lega, Sel, Gal, e alcuni dissidenti di Pd e FI,
c'è il secondo round della capigruppo: "Le nostre proposte sono le
stesse di sempre - riassume Loredana De Petris - cioè Senato
elettivo, riequilibrio dei poteri con la Camera, referendum. Vogliamo
una risposta scritta". Ma la trattativa, per il premier e la
maggioranza (più morbida, invece, la posizione degli azzurri) è
ormai giunta alla dead line. E così, si decide per la tagliola, le
opposizioni insorgono, scoppia la bagarre in Aula quando il
presidente Pietro Grasso elenca il timing: 135 ore complessive in due
settimane per ddl riforme e decreti in scadenza, di cui 120 per le
riforme. E ancora, 20 ore dedicate al dibattito, 80 alle votazioni.
Secondo Calderoli, una scelta inutile, visto che "sarà comunque
impossibile licenziare il ddl entro l'8 agosto". Lega, 5 Stelle e Sel
annunciano battaglia, accusano Renzi di aver dato un colpo ferale
alla democrazia e abbandonano l'Aula per andare in corteo al Colle.