Riforma del Senato, l'asse Pd-Fi tiene e si va avanti spediti, con la riforma che prevede una seconda Camera non elettiva. Dopo lo stop di marted', legato all'indisposizione di Roberto Calderoli, e il nuovo monito di Renzi su quella "rivoluzione" delle riforme che non può essere fermata dai "guastatori", mercoledì mattina i due relatori della legge (lo stesso Calderoli e la senatrice del Pd Anna Finocchiaro) hanno presentato in
Commissione Affari Costituzionali del Senato l'emendamento che
recepisce l'accordo fra maggioranza e Fi. Prevede che i
senatori non vengano eletti dai cittadini bensì dai consigli
regionali in proporzione della consistenza dei gruppi
consiliari.
"I consigli regionali - si legge
nell'emendamento - e i consigli delle province autonome di
Trento e di Bolzano eleggono i senatori tra i propri componenti
e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni
dei rispettivi territori. I seggi sono attribuiti con sistema
proporzionale sulla base dei criteri stabiliti con legge
costituzionale, tenuto conto della composizione di ciascun
consiglio regionale".
Scende da 3 a 2 il numero minimo di
senatori che ciascuna regione potrà avere nel futuro Senato. Forza Italia chiedeva una maggiore
proporzionalità del numero dei senatori rispetto alla
consistenza demografica delle diverse Regioni. Per far questo è
stato deciso di abbassare il numero minimo di senatori
per ciascuna regione, così da premiare quelle più popolose, a
partire dalla Lombardia.
Il numero dei senatori eletti dai diversi Consigli regionali
rimane fissato a 95. "La ripartizione dei seggi tra le regioni -
specifica l'emendamento - si effettua in proporzione alla loro
popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale,
sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti". Ciascuna
delle province autonome di Trento e di Bolzano avrà due
senatori.
Finocchiaro, in qualità di presidente della Commissione Affari
costituzionali, ha chiesto un
giorno in più per la Commissione per concludere l'esame delle
riforme. La richiesta è stata avanzata mercoledì a Palazzo Madama, dove era in
calendario l'esame del ddl del governo. Il presidente Pietro Grasso ha convocato la conferenza dei
capigruppo e lo slittamento è stato approvato. Il dl del governo sulle riforme andrà in Senato giovedì pomeriggio; il voto sugli emendamenti inizierà mercoledì 16 luglio. A favore della richiesta di rinvio di
un giorno si sono espressi i partiti della maggioranza e Fi. Sel
e M5s hanno invece chiesto lo slittamento di una settimana e hanno continuato ad esprimere la loro contrarietà ad un "Senato dei nominati". Il fronte del no alla proposta Renzi è comunque trasversale ecomprende anche parecchi senatori del Pd e di Fi. Chiede tempo per riflettere anche il Nuovo centrodestra. Renato Schifani si appella a Grasso affinché "non consenta lo strozzamento dei tempi", e avvisa gli alleati del Pd: "no a patti a due sull'Italicum".
La Commissione dovrebbe licenziare il testo entro stasera. Approvato un emendamento al ddl sulle riforme che porta a
800 mila il numero delle firme necessarie per proporre un referendum abrogativo. I relatori avevano inizialmente proposto un milione di firme. Per compromesso scende il quorum necessario per
rendere valido un referendum abrogativo. Non sarà più
necessaria la partecipazione della metà dei cittadini iscritti
alle liste elettorali,
bensì la metà di quelli che hanno votato
alle ultime elezioni della Camera.