venerdì 18 aprile 2014
Ma per Fi resta un «Def-pasticcio». Sel si unisce nel voto sullo slittamento. Padoan: ripresa fragile.
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Il Parlamento approva il rinvio di un anno del pareggio di bilancio, chiesto dal governo all’Unione europea, e contemporaneamente dà il via libera al Def. Camera e Senato votano a maggioranza le risoluzioni sui due temi che dovrebbero consentire all’Italia di riprendere fiato, ma le polemiche non si placano e l’arrivo in soccorso dell’esecutivo di voti delle opposizioni aprono diverse letture riguardo alla forza del governo. Di più, le interpretazioni si moltiplicano anche per l’obiettivo raggiunto ieri da Matteo Renzi, che in questo modo è certo di ottenere quella boccata d’ossigeno che è mancata ai suoi predecessori.Il consenso parlamentare arriva dopo le polemiche suscitate dalla lettera del ministro Pier Carlo Padoan che ha invocato dalla Ue la possibilità di scostarsi dall’obiettivo a medio termine (il pareggio appunto) per cause eccezionali. Vale a dire per poter far fronte ai 13 miliardi di debiti arretrati della Pubblica amministrazione. E ancora ieri il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta ha continuato a riprendere il titolare dell’Economia per la sua missiva «sbagliata». Ma anche per il vicepresidente azzurro della Commissione europea Antonio Tajani «si sta facendo un pasticcio», visto che l’Italia ha «già autorizzato da Bruxelles il pagamento di tutti i debiti pregressi senza sforare il Patto di stabilità».Ma per il ministro questa è solo «una tempesta in un bicchier d’acqua». Il punto, dice Padoan, è che «nonostante i segnali di ripresa dell’anno in corso, anche nel 2014 il gaprimarrà molto negativo, la ripresa ancora fragile e la situazione del mercato del lavoro rimane ancora difficile». Ma comunque «il pareggio di bilancio sarebbe conseguito nel 2016 e mantenuto fino al 2018». E per il debito «il profilo programmatico del rapporto debito/Pil rispetta così la regola del percorso di convergenza del debito verso il parametro europeo del 60 per cento già nel 2015». Tanto più che nel 2015 per ridurre il disavanzo dello 0,5 si procederà ad ulteriori tagli di spesa.Insomma, l’esecutivo va avanti e convince le due aule sulle due risoluzioni che ottengono una maggioranza assoluta di 170 voti, con 87 contrari (162 i voti dei partiti di governo) a Palazzo Madama, che subito dopo approva con 156 sì e 92 no il Documento di economia e finanza. E la stessa sorte hanno le due risoluzioni alla Camera, dove il rinvio ottiene 373 consensi (114 i no), mentre il Def viene approvato con 348 voti a favore e 143 contrari. In sostanza, Sel e Lega si schierano con l’esecutivo per la richiesta di slittamento. Anche questo, come prevedibile, diventa motivo di polemica. Subito affonda il colpo Forza Italia. Quanto avvenuto, sottolinea Brunetta, «la dice lunga sullo stato di salute di questo governo e di questa maggioranza. Se su questo tema così decisivo il governo non ha la maggioranza immaginiamoci cosa potrà succedere sulla riforma elettorale, sulla riforma dello stesso Senato, del Titolo V, dell’abrogazione del Cnel». Un calcolo che non piace al Pd, pure molto critico al suo interno con la sinistra rispetto alle misure del Def. «La destra non giochi con i numeri», avverte Rita Ghedini. «La maggioranza al Senato c’è perché ci sono stati più di 161 voti di senatori appartenenti alle forze che sostengono il governo a favore del Def e, in aggiunta a questi, hanno votato anche sette senatori dell’opposizione, Calderoli, 4 di Sel e tre ex M5s». E anzi, incalza dal Ncd Maurizio Sacconi, «la maggioranza addirittura si sta allargando».
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