mercoledì 27 novembre 2024
Ac, Acli, Agesci, Legambiente, Libera e Arci: sei tappe sul territorio della penisola. «Troppi rischi per la salute della popolazione, questa è un’emergenza nazionale. Serve un’ecogiustizia subito»
l polo siderurgico di Taranto, uno tra i Siti di interesse nazionale al centro della campagna al via oggi.

l polo siderurgico di Taranto, uno tra i Siti di interesse nazionale al centro della campagna al via oggi.

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Un tour nazionale per denunciare che in Italia 6 milioni di persone vivono in aree gravemente inquinate ma le bonifiche sono ferme al palo, mentre in queste aree industriali contaminate aumentano tumori e morti. È la campagna “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato” che vede assieme Acli, Agesci, Arci, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera. Le principali associazioni cattoliche e laiche del Terzo settore, lanciano un appello che si metterà in movimento per il Paese, toccando i 42 Siti di interesse nazionale (Sin), i luoghi più inquinati d’Italia, ancora in attesa di bonifica. Raccogliendo «l’appello delle quattro A e delle due L», come si sono simpaticamente chiamati, la carovana del “popolo inquinato” farà tappa in alcuni luoghi simbolo dell’ingiustizia ambientale e sociale. Per raccontare quei territori, per sostenere le popolazioni, per lanciare proposte.


Si comincia dal Piemonte, oggi, a Casale Monferrato, una delle aree in cui insistevano gli stabilimenti ex Eternit e dove ancora oggi l’amianto continua a fare vittime. Seguirà il 15 gennaio il Sin di Taranto, Ilva, dunque, ma non solo. Seguiranno il 22 gennaio Porto Marghera (Venezia), la più importante area petrolchimica d’Italia e il 12 febbraio il Sin di Priolo, Augusta, Melilli e Siracusa, soprattutto raffinerie ma anche chimica e amianto. Si torna al Nord il 12 marzo con l’ex Caffaro di Brescia, sito industriale e discariche con una contaminazione diffusa da metalli pesanti, policlorobifenili (Pcb) e diossine. Si chiude questo primo tour il 3 aprile nel Sin Napoli Orientale, col polo petrolifero e altri siti industriali.


Le associazioni promotrici ricordano come nel nostro Paese a una persona su dieci viene negato il diritto alla salute, a un ambiente salubre e allo sviluppo sostenibile dei territori. Un dramma che ha visto negli ultimi anni il forte impegno su salute e lavoro della Cei e delle 78 diocesi dove si trovano i 41 Sin. I 42 Sin in attesa di bonifica coprono una superficie di circa 170mila ettari a terra e 78mila ettari a mare, ai quali si aggiungono i 36.814 i Siti di Interesse Regionale (Sir), per un totale di 43.398 ettari. In molto casi, denunciano le associazioni, «si tratta di aree produttive dove le mancate bonifiche vanno di pari passo con un processo di de-industrializzazione che produce solo degrado ambientale e sociale». Un’eredità di danno ambientale e perdita di posti di lavoro. Quello che un tempo era chiamato «ricatto occupazionale». Storie spesso dimenticate. Per questo la campagna «in cammino» vuole «riaccendere i riflettori su questi temi».
Salute, dunque, ma anche nuovi posti di lavoro compatibili con la tutela del territorio e delle persone che vi vivono. Dunque «portare in primo piano le storie, le ferite ambientali e le conseguenze sulla salute dei cittadini, chiedendo impegni concreti e tempi certi per le bonifiche mai realizzate, insieme a un piano di rigenerazione produttiva, con la partecipazione delle comunità locali, nell’ottica della transizione ecologica, per creare nuovi posti di lavoro dell’economia verde». Risanare e creare lavoro vero e pulito. Ma soprattutto «nel nostro Paese deve essere finalmente applicato il principio “Chi inquina paga”, secondo cui chi ne è responsabile è tenuto a sostenere i costi dell’inquinamento causato, compresi quelli delle misure adottate per prevenire, ridurre e porre rimedio al degrado ambientale».


Un principio, fissato da direttive comunitarie e normative nazionali, «ben chiaro sulla carta ma che ad oggi in Italia si fatica a far rispettare». Con questa campagna le associazioni promuoveranno in ogni tappa la costituzione di forum di progettazione partecipata per il futuro delle aree, coinvolgendo in primis le comunità locali. Ma di questa «emergenza nazionale» si parla poco. Le sei associazioni denunciano come «la politica e le istituzioni hanno sottovalutato questo problema, e nel frattempo ci sono milioni di cittadine e cittadini che hanno perso la speranza di futuro, tra inquinamento che permane e posti di lavoro che se ne vanno». Serve, dunque, «una presa di coscienza collettiva ma anche un serio impegno da parte delle istituzioni nazionali, a cominciare dai ministeri dell’Ambiente e delle imprese, e quelle regionali e locali». L’appello è chiaro. «Chiediamo a chi ha responsabilità politiche, di governo e amministrative di mettersi una mano sulla coscienza, ascoltando le persone che vivono in aree inquinate da bonificare garantendo loro il diritto alla salute, ad un ambiente sano e allo sviluppo occupazionale nell’ottica della transizione ecologica». Da parte sua la campagna “Ecogiustizia subito” intende andare in questi territori gravemente feriti «per accompagnare e sostenere comunità che rischiano di rassegnarsi al degrado ambientale e sociale». Perché proprio da questi luoghi simbolo del degrado può partire «la giusta transizione ecologica del Paese». Non utopie. Secondo una stima di Confindustria, un investimento di 10 miliardi di euro nelle bonifiche dei Sin potrebbe creare 200mila nuovi posti di lavoro. E lo Stato rientrerebbe di circa 4,7 miliardi di euro attraverso maggiori entrate fiscali e contributi sociali.

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