Per i politici responsabili non dovrebbe esser mai tempo di sortite estemporanee. Mai. Possono, infatti, un cenno del capo e una frase di Silvio Berlusconi (che echeggia quelle di qualche suo interessato consigliere) creare una «priorità»? Ovviamente no. Proprio come non la può creare il gesto ben più forte (un altro tipo di “cenno”) dei capi dell’alleanza Pd–Sel di inserire nei loro programmi elettorali l’idea di regolare in forme simil–matrimoniali (e persino matrimoniali) le libere relazioni “di fatto”, e in particolar modo le unioni tra persone dello stesso sesso. Il problema è che cenno dopo cenno si confondono patrimonio e matrimonio e, nel nome di un “matrimonio” tra chi non vuole o non può sposarsi, si rischia di rendere “cose” persino i figli sui quali si evoca addirittura un “diritto” proprietario ad averli, per chiunque, in qualunque situazione, a ogni costo. Ma il matrimonio è uno solo: tra un uomo e una donna. I figli non sono oggetti di desiderio o di capriccio. E una sola è la famiglia naturalmente aperta alla vita e naturalmente (e costituzionalmente) definita.Uno svagato cenno, a destra, del capo di un partito e i decisi cenni , a sinistra, di altri capi di partito non possono insomma creare le premesse per “unioni” che matrimoniali – per scelta o per oggettiva condizione dei protagonisti – non sono. Non possono creare un «urgenza» che – come è stato sottolineato – non esiste. Ma impone parole chiare. Perchè se è vero che l’urgenza non ha basi, errori e ambiguità possono dare basi a divisioni serie, e destinate a pesare. Certo, sull’elettorato più consapevole ed esigente in tema di autentici diritti della persona e di conseguenti doveri della politica. Abbiamo buoni occhi, buona memoria e buon giudizio.