venerdì 18 giugno 2021
Accolta la richiesta di tre scuole parrocchiali dell’infanzia. «Non fanno attività commerciale». Ribaltato il primo grado
Una scuola paritaria

Una scuola paritaria - Ansa

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Il Comune di Venezia non solo «non doveva richiedere il pagamento dell’Ici e dell’Imu a tre scuole materne parrocchiali», ma ora dovrà rifondere a ciascuna «duemila euro per la copertura delle spese legali».
A stabilirlo è stata la settima sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto (Ctr) nella sentenza di appello che di fatto ribalta quella di primo grado – emessa nel 2018 dalla Commissione tributaria provinciale – in cui si respingeva il ricorso dei tre istituti contro il pagamento della tassa.

Tutto inizia nel 2015 quando il Comune lagunare decide di chiedere il pagamento di Ici e Imu alle scuole dell’infanzia delle parrocchie di San Giorgio, Santa Maria del Suffragio e di Santa Barbara Vergine e Martire. Richiesta riferita agli anni 2010 e 2011, sostenendo che la tassa era dovuta perché «attività commerciale».

Passaggio, tra l’altro, che ignorava sia alcune pronunce in merito della Corte di Cassazione, sia la risposta fornita nel 2012 dall’allora governo Monti sul fatto che l’esenzione dal tributo non fosse aiuto di Stato, come sospettava l’Unione Europea, e che il pagamento della retta da parte dei genitori non rappresenta un elemento che favorisce la struttura paritaria rispetto a quella statale, almeno fino alla soglia – allora indicata – di seimila euro. Al contrario il Comune di Venezia rivendicava il pagamento proprio per il versamento delle rette che rendeva, secondo l’ente, l’attività di carattere commerciale.

Il primo grado, come già detto, era stato una doccia fredda per le scuole materne: ricorso respinto e dunque pagamento all’Amministrazione comunale degli arretrati. «Davanti a questa sentenza e consapevoli dei pronunciamenti fatti a livello nazionale, abbiamo deciso di affiancarci e sostenere queste nostre scuole nel ricorrere in appello» spiega Stefano Giordano, presidente nazionale della Fism (la federazione che riunisce le scuola materne di ispirazione cristiana), veneziano di Spinea e avvocato.

Così con lo Studio Eulex di Padova nelle persone di Francesco D’Ambrosi e Ketti Baraldo, le scuole e la Fism hanno fatto ricorso in appello, proprio per «ribadire che le scuole paritarie non svolgono affatto attività commerciale e che le rette hanno nel complesso un valore "simbolico" rispetto ai costi di gestione delle scuole stesse e dunque non è possibile parlare di un "favore" alle paritarie all’interno di un sistema di concorrenza». Del resto non va dimenticato che le scuole paritarie degli Enti locali, così come quelle statali, sono state esentate dal pagamento di Ici e Imu proprio per la loro attività educativa.


Il ricorso sostenuto anche dalla Fism: «Strana l’attitudine degli enti pubblici che con una mano erogano fondi e con l’altra esigono imposte non dovute»

Ora la sentenza di appello «fa chiarezza» commentano alla Fism, che su questo tema ha innescato una battaglia a livello nazionale. Il Comune di Venezia ha tempo sei mesi per impugnare le sentenze davanti alla Cassazione.

Resta la perplessità, scrive la Fism in un comunicato, «di fronte all’atteggiamento di un ente pubblico che, consapevole che le nostre scuole erogano un servizio educativo in costante perdita, pur riconoscendone il valore sociale e didattico, con una mano li aiuta erogando fondi pubblici e con l’altra chiede il pagamento di imposte non dovute, costringendo a intraprendere una via giudiziaria».




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