Massimo Pieggi, docente di religione al liceo classico Torquato Tasso di Roma
Puntare alla scuola in presenza al 75, o anche solo al 50%, rischia di tradursi in un’altra falsa partenza. Cioè tra non molto lo 0% di studenti in classe. Meglio allora una scuola al 30%, ma senza più interruzioni fino a giugno. «Sì, una o due volte a settimana in classe permette la continuità didattica, le relazioni con e tra gli studenti, e lo svolgimento delle verifiche scritte. E allo stesso tempo evita l’affollamento sui bus», ragiona Massimo Pieggi, docente di religione al liceo "Tasso" di Roma.
È la proposta lanciata proprio dai docenti dello storico liceo classico della Capitale. Messa a punto prima del Decreto natale, il 28 dicembre, la lettera era era apparsa su vari quotidiani, e seguita dalle prese di posizioni di molti altri istituti. Pollice verso, dunque, soprattutto sul decreto prefettizio del 24 dicembre e sulle successive note dell’Usr, l’ufficio scolastico regionale del Miur. «La situazione nel Lazio è particolarmente critica. Le indicazioni di prefettura e Usr sono irrazionali, incoerenti, contraddittorie – dice il professor Pieggi – e violano i diritti alla salute e allo studio dei ragazzi. È il risultato del mancato ascolto di presidi e docenti. Gli stessi studenti chiedono pochi giorni a settimana, ma senza interruzioni. E orari umani».
Per Pieggi e colleghi infatti è assurdo scaglionare gli ingressi, ma concentrare l’orario in 5 giorni: «Significa, per un liceo classico, giorni da 7 ore. E col secondo ingresso nel Lazio alle 10 – che impedisce a tanti genitori di portare i figli a scuola andando al lavoro, cosa che decongestiona gli autobus – vuol dire uscire alle 17. E il tempo per lo studio? Per le attività extrascolastiche? Per i licei con sperimentazione, artistici e professionali, sarebbero addirittura giornate da 8 ore. Con un crollo dell’attenzione alle ultime ore, e il pranzo con un panino in 15 minuti seduti al banco. E comprimere ancora le unità orarie (sotto i 50 minuti, ndr) sarebbe impossibile e dannoso».
La strada del 30% in presenza peraltro era proprio quella dell’ordinanza regionale del Lazio emanata il 26 ottobre: 50% per gli studenti del primo anno che hanno più bisogno di conoscersi e di conoscere i professori, 25% per gli altri. «Una modalità che abbiamo sperimentato. E funzionava». Poi è arrivato lo stop del Dpcm del 3 novembre.
Poi c’è il nodo del trasporto pubblico. A Roma e in altre città non si è provato a integrarlo coi pullman turistici, al momento fermi nei garage per mancanza di lavoro. A Firenze sì, e con successo, qualcosa si è fatto a Milano. «I pullman sono troppo lunghi per Roma», una delle motivazioni. Mentre in realtà hanno le stesse misure dei bus. E da sempre scaricano comitive di turisti in centro e caricano scolaresche davanti alle scuole per le gite scolastiche. Drastici gli studenti: «Un decreto che è stato scritto da Atac e Cotral».