Fotogramma
Caos tamponi con tempi lunghi di attesa, comunicazioni alle famiglie a singhiozzo e classi in quarantena in crescita un po’ in tutta Italia. Su tutto, poi, lo spettro della ripresa dei contagi tra i ragazzi, a complicare ulteriormente un quadro già abbastanza ingarbugliato. Insomma, non è andata benissimo, la prima settimana di gestione della sicurezza nelle scuole, con il nuovo protocollo entrato in vigore lunedì scorso, che prevede di mandare le classi in didattica a distanza soltanto in presenza di tre casi positivi. «Come abbiamo detto fin da subito – ricorda il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli – la difficoltà maggiore è proprio raccordarsi con le Asl, a cui spetta inviare le comunicazioni alle famiglie degli alunni positivi, incombenza che, invece ricade ancora troppo spesso sulle segreterie scolastiche, come ci viene riportato da tanti colleghi di tutte le regioni. Perché tutta la macchina possa funzionare – sottolinea Giannelli – è necessario che le Asl si dimostrino più efficienti, cosa che non sta accadendo, con pesanti ricadute sulle scuole, in termini di carico di lavoro aggiuntivo e non dovuto. Insomma: non siamo le segreterie delle Asl», sbotta Giannelli.
Che replica anche al microbiologo Guido Rasi, consulente del Commissario all’emergenza Covid Figliuolo, secondo cui il problema della pandemia è «la gestione dei flussi in entrata e in uscita» dalle scuole, per cui, sottolinea Rasi, «temo che non sia stato fatto nulla di strutturale». «Per evitare assembramenti è necessario avere tanti accessi, ma la maggior parte delle scuole ne ha uno, al massimo due», ricorda Giannelli. Che torna a puntare il dito sui mezzi di trasporto, «tema per cui non è stato fatto praticamente nulla». «È sotto gli occhi di tutti che i mezzi pubblici sono strapieni – ribadisce il presidente dell’Anp – che non c’è controllo su quanti salgono e sull’uso delle mascherine».
Ci sono poi i casi in cui le stesse Asl non applicano il nuovo protocollo ministeriale, continuando con il vecchio sistema che prevedeva la quarantena anche in presenza di un solo positivo in classe. È quanto succede all’istituto paritario “Gesù Maria” di Roma, come racconta il dirigente scolastico Rocco De Maria. «Ho contattato la Asl Roma 1 – dice il preside – e mi è stato risposto che non applicano il nuovo protocollo perché, secondo loro, i casi sono in crescita.
Ma chi lo stabilisce? L’Asl Roma 1 o il governo con il Cts?», chiede De Maria. In effetti, stando ai dati comunicati dalla Società Italiana di Pediatria, che ha prodotto un documento ufficiale sulla strategia vaccinale per la fascia tra i 5 e gli 11 anni, dall’inizio della pandemia al 9 novembre, nella fascia 019 anni sono stati confermati 791.453 casi, 8.451 ospedalizzazioni, 249 ricoveri in terapia intensiva e, purtroppo, anche 36 morti. Inoltre, in poco più di due mesi (dal 25 agosto al 9 novembre), nella sola fascia di età 6-10 anni c’è stato un incremento pari a 24.398 casi.
«La popolazione 0-12 anni attualmente non vaccinabile – si legge in un comunicato della Sip – sta registrando un aumento dell’incidenza più elevato rispetto a tutte le altre classi d’età. Risultano in aumento anche i ricoveri in ospedale e in terapia intensiva». In continua crescita anche le classi in quarantena, che soltanto a Milano sono 114, con oltre duemila alunni in didattica a distanza. Duecento classi in Dad (con 28 focolai) anche a Torino e centinaia in Toscana. Pure in Umbria sono quasi raddoppiati gli alunni positivi, con 31 classi e 709 alunni in isolamento.
Infine, 105 gli studenti in quarantena in Valle d’Aosta. A livello nazionale, già quattro settimane fa, una rilevazione di Skuola.net su un campione di 3mila studenti delle superiori, evidenziava un incremento dei contagi. Allora, a poco più di un mese dalla ripresa delle lezioni in presenza, il 3% degli alunni della secondaria di secondo grado, pari a circa 80mila persone, era tornato alla Dad. Un incubo da scongiurare dando ulteriore impulso alla campagna vaccinale.