Archivio Ansa
Ho scoperto che mio figlio è un’eccezione. Forse. Sono padre di un bambino con la sindrome di Down ma l’eccezione non deriva dalla condizione genetica di mio figlio. Deriva dalla normativa italiana in merito agli insegnanti di sostegno. Come tutti i genitori di bimbe e bimbi con disabilità, io e mia moglie ci siamo accorti che il diritto allo studio di nostro figlio Luca è parzialmente condizionato, non garantito, ma appunto per alcuni aspetti un’eccezione, o meglio una deroga.
Andando a scartabellare, infatti, scopriamo che la Legge Finanziaria 2008 aveva stabilito di non superare un rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili per motivi di bilancio. In pratica, con la finanziaria del 2008 si sanciva il principio per cui la futura inclusione dei bambini diversamente abili fosse condizionata in ogni caso alle disponibilità correnti. Che questa norma andasse a minare il diritto allo studio di un numero elevato di bambini lo hanno poi successivamente evidenziato la Corte costituzionale, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato.
Per temperare il vulnus introdotto dalla Finanziaria del 2008, vi è quindi la possibilità – ma non l’obbligo – di nominare insegnanti di sostegno "in deroga" in particolare per i casi più gravi di disabilità.
E quindi ogni anno perché vi siano in classe degli insegnanti di sostegno, che contribuiscano a concretare il diritto allo studio dei bambini diversi in classe, gli uffici scolastici assegnano alle scuole un numero di insegnanti di sostegno che si definiscono "in deroga" alla normativa che prevede quel freddo, incolore e pavido rapporto. In molti casi, le "deroghe" sono però inferiori ai fabbisogni e quindi il sostegno risulta insufficiente.
Al di là dei tecnicismi giuridici e delle evidenti complessità organizzative, quello che è disturbante in questa prassi consolidata è l’idea che il diritto allo studio di nostro figlio e di altri bambini diversamente abili sia una "deroga", un’eccezione appunto. Un’eccezione che stigmatizza l’essere diverso. In questa fase di pandemia abbiamo ascoltato autorevoli opinioni in merito all’importanza della scuola ma poche parole purtroppo sono state spese sull’inclusione scolastica della minoranza di bambine e bambini più fragili.
Tutto questo sembra paradossale in un Paese che sta dichiaratamente lavorando ai suoi livelli più alti per implementare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e in cui si moltiplicano i richiami alla tutela della biodiversità. Sembra inconcepibile che vi siano tali prese di posizione, quando la diversità nella scuola è considerata qualcosa di anomalo, di faticoso, non meritevole di risorse adeguate, un’eccezione appunto.