Tornano i bambini alla scuola primaria di via Ariberto, a Milano, con distanziamento e misurazione delle temperature, per l’avvio dei centri estivi. - Fotogramma
È una corsa contro il tempo, a cui partecipano in tanti, animati da diverse intenzioni. Il traguardo della riapertura di settembre, per la scuola italiana, è molto più vicino di quanto appare. Tutti si stanno muovendo, ma in ordine sparso, mentre la polemica politica si alimenta ogni giorno di nuovi spunti. I nodi rimangono quelli: la necessità di un maggior numero di professori in presenza, il bisogno di aule e spazi adeguati, il coinvolgimento e il riconoscimento delle paritarie nella nuova offerta educativa, l’apertura a strutture del territorio attraverso i cosiddetti 'patti di comunità' con gli enti locali.
La chiamata dei docenti Come arrivare a quota 85mila docenti nel giro di due mesi, coprendo così le cattedre scoperte? Lo studio diffuso da Cisl scuola ha riaperto il confronto sulle soluzioni che mancano. «Se si consentisse ai dirigenti scolastici di assumere i docenti, si farebbe molto prima» ha sintetizzato Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi. Una 'chiamata' diretta, insomma, che permetterebbe agli istituti di muoversi con maggiore autonomia, ovviando anche al problema annoso della continuità didattica, ancor più in discussione quest’anno, visto che lo stop alle lezioni durerà oltre sei mesi consecutivi. Da parte sua, il ministero dell’Istruzione ha assicurato che «avremo tutti gli spazi che servono e potremo assumere a tempo determinato il personale, docente e Ata, che si renderà necessario». Rassicurazioni che non sono bastate alla Regione Veneto, che in vista dell’autunno ha espresso preoccupazioni «a fronte delle gravi carenze di personale docente (circa 900 docenti mancanti), di cattedre coperte con supplenti annuali reiterati negli anni e di studenti già molto provati dalla didattica a distanza». Nei giorni scorsi, erano stati i vescovi della Conferenza episcopale Triveneto a intervenire chiedendo di «valorizzare e sostenere, con coraggio e una volta per tutte» la scuola pubblica paritaria, «risorsa essenziale per i bambini, le famiglie e il territorio ». «Se salta la 'gamba' paritaria, finisce per saltare l’intero sistema nazionale integrato di formazione» ha sottolineato il presidente della Fism, Stefano Giordano.
Le proposte dal territorio Mentre si parla di biblioteche, teatri e palestre come possibili scenari alternativi per lo svolgimento delle lezioni, una proposta importante è arrivata in questi giorni dall’Agenzia per i beni confiscati. «Se la scuola ha bisogno di strutture per evitare il problema delle classi-pollaio e per raggiungere l’obiettivo del distanziamento interpersonale tra i bambini, può attingere al nostro patrimonio» ha dichiarato Bruno Frattasi, prefetto di Napoli e direttore dell’Agenzia. Si tratterebbe di oltre 200 immobili tolti alle mafie in questi anni, situati in particolare nel Lazio e in Campania, che aspettano una destinazione e che sono già stati segnalati, in termini di disponibilità al governo. «Si tratta di edifici in ottimo stato – ha detto il prefetto – e basterebbero piccoli interventi per trasformarli in istituti scolastici». L’agibilità e la fruibilità di spazi scolastici sono al centro della riflessione anche del Consiglio nazionale dei geologi.
«È doveroso ricordare come il numero di edifici da sistemare sia ancora molto elevato – ha spiegato una nota –. Numerosi sono stati gli immobili che, a seguito dei nuovi assetti organizzativi delle singole province, sono stati dismessi e quindi non più segnalati come edifici meritevoli di attenzione dal punto di vista della sicurezza sismica, tant’è che per molti di questi non sono stati nemmeno eseguiti i dovuti studi di vulnerabilità». Nel frattempo, gli enti locali si stanno organizzando in fretta, cercando di ovviare a problemi piccoli e grandi. Ieri a Bari, presso la sede della Regione Puglia, si è svolto un primo incontro per il sostegno ai progetti educativi nella fascia zero-sei anni. L’obiettivo è avviare interventi di riqualificazione edilizia degli immobili di proprietà pubblica e di sostegno alla gestione delle strutture educative e delle scuole dell’infanzia, nell’ottica di abbassare i costi a carico delle famiglie per l’accesso ai servizi. In gioco ci sono 18 milioni e al tavolo sono stati convocati tutti, dalle amministrazioni al Terzo settore fino agli stessi istituti paritari.