«Mai saputo di pressioni internazionali». Le dimissioni di Silvio Berlusconi nel novembre 2011 furono date «liberamente e responsabilmente» per questioni di politica nazionale. Il Quirinale rompe il silenzio e decide di interviene mentre divampa il caso Geithner, l’ex ministro del Tesoro americano che parla nel suo memoriale di un 'complotto' che sarebbe stato ordito dalle principali cancellerie europee ai danni dell’allora premier che tentarono - senza successo - di coinvolgere l’Amministrazione americana nell’operazione. Operazione della quale Berlusconi si dichiara «disgustato». Un «colpo di Stato» di cui si sente vittima, lamentando che le «le alte cariche restano in silenzio». Così in mattinata il leader di Forza Italia. Che poi in serata a una manifestazione con Antonio Tajani a Roma si dice «furioso» ne conta addirittura «quattro» di colpi di Stato subiti. «Merkel e Sarkozy convocarono una riunione - ricorda per far sì che il nostro Paese fosse colonizzato». E attacca anche il metodo con cui «quattro segretari di partito, di notte» si mettono d’accordo per eleggere il presidente della Repubblica. Un fiume in piena, Berlusconi - a quell’ora la nota del Quirinale che si tira fuori dal 'complotto' è già uscita - ma a un certo punto si frena. Perché, dice, non può «attaccare la magistratura e nemmeno il Capo dello Stato» altrimenti - sottolinea, riferendosi alle motivazione con cui gli sono stati vietati comizi fuori da Roma e dalla Lombardia - il rischio è quello di «dover andare ai domiciliari o di finire nel carcere di San Vittore». Nel pomeriggio era intervenuto il Colle: «Le dimissioni liberamente e responsabilmente rassegnate il 12 novembre 2011 dal presidente Berlusconi, e già preannunciate l’8 novembre, non vennero motivate se non in riferimento, in entrambe le circostanze, a eventi politico-parlamentari italiani», assicura Napolitano. Nessuna partecipazione del Quirinale, in ogni caso, a quel clima di sfiducia a livello internazionale. Il presidente della Repubblica, anzi, ricorda che già dopo il Consiglio europeo di ottobre ebbe modo di «stigmatizzare» le «sgradevoli espressioni pubbliche» di leader europei sulla «scarsa fiducia negli impegni assunti dall’Italia». Il riferimento è al famoso sorrisino ironico in conferenza stampa del presidente francese Nicolas Sarkozy e del cancelliere tedesco Angela Merkel in risposta muta - con un cenno d’intesa - a una domanda sull’attendibilità degli impegni assunti dall’Italia. Napolitano rimanda alla ricostruzione che fornì nel tradizionale discorso di auguri alle alte cariche del 20 dicembre di quell’anno. Quando parlò di una «sostenibilità internazionale dello stato di cose giunta a un punto limite». Ma, disse in quella cerimonia di Natale, alla fine fu Berlusconi, «prendendo atto di una situazione così critica, dopo l’esito negativo di una votazione significativa in Parlamento, con senso di responsabi-lità, a rassegnare le dimissioni». Poi la nascita del governo Monti, «preciso dovere istituzionale», lo definì, «a evitare ricadute dirompenti» e un «catastrofico aggravarsi della crisi finanziaria». Sugli episodi citati da Geithner, invece, che ambienta le pressioni europee su Obama nel G 20 dell’autunno 2011 Napolitano taglia corto in quanto «nulla» sa di «pressioni e coartazioni subite dal presidente del Consiglio» in quanto non al corrente. Perché si tratta di «consessi europei e internazionali cui il Presidente della Repubblica italiana non aveva titolo a partecipare, e non partecipò».